Auto elettrica, il motore a “scossa” costa ancora troppo
di Dino Collazzo
Il futuro della mobilità è elettrico ma il prezzo elevato delle "battery pack" e la scarsa presenza d’infrastrutture per la ricarica ne rallentano la diffusione. Per veder circolare il 35% di veicoli ecofriendly in giro per il mondo bisognerà aspettare il 2040. Ecco come si muove l’Italia in questa corsa rispetto al resto d’Europa
Silenziose, a basso consumo e a emissioni zero grazie all’alimentazione a batterie. Che le auto elettriche rappresentino una parte della mobilità del futuro è da considerarsi ormai una certezza. Ciò che è difficile prevedere è quando questo domani arriverà. C’è chi ipotizza il 2020 come anno in cui s’inizieranno a comprare con più frequenza auto a motore “pulito” e chi sposta le lancette fino al 2040 quando, secondo diversi analisti, il 35% del parco auto circolante nel mondo potrebbe essere alimentato con elettroni. In realtà non è ancora chiaro in che modo i veicoli elettrici inizieranno a erodere significative quote di mercato degli omologhi a combustione. Di fatto però la scalata, se pur lentamente, sembra essere cominciata, viste anche le normative sempre più stringenti sulla riduzione di Co2 in atmosfera. Infatti, leggendo i dati dell’ultimo rapporto Iea, l’agenzia per l’energia dell’Ocse, si nota che nel 2015 in tutto il mondo si è avuto un aumento del 77,8% rispetto all’anno precedente di auto elettriche – Stati Uniti, Cina, Giappone, Olanda e Norvegia raccolgono da sole oltre il 70% del mercato – raggiungendo quota 1 milione e 256 mila. Il numero sale, fino a sfiorare i 2 milioni, se alle elettriche si affianco i veicoli ibridi e quelli plug-in. Tre modelli simili che differiscono solo dal tipo di propulsione: totalmente elettrica nel primo caso e a doppia alimentazione nelle ibride e plug-in dove coesistono un motore termico e uno a batterie.
Ed è proprio sulle batterie, sul loro costo per produrle, sull’autonomia, sui tempi di ricarica e sulla presenza di stazioni ad hoc per rifornirsi che si gioca la partita decisiva nello sviluppo e diffusione delle auto ecofriendly. Per i costruttori di automobili il costo delle “battery-pack” è ancora troppo elevato, assorbendo gran parte dei costi di produzione di un’auto elettrica. Ma secondo un’analisi realizzata da Bloomberg new energy finance (Bnef) e McKinsey & Co in futuro il prezzo diminuirà progressivamente, passando dal 20 al 16% ogni volta che l’immatricolazione di veicoli elettrici raddoppia. E un primo segnale, in questa direzione, lo si coglie nel calo del costo degli accumulatori che, in base a una stima degli analisti di Bnef, rispetto al 2010 è sceso del 65%. Tanto che oggi per un Kwh erogato bastano 350 dollari contro i 1.000 di sei anni fa. A cogliere le opportunità che questa trasformazione della mobilità porta con sé – è ragionevole pensare che nei prossimi anni l’auto cambierà più di quanto non abbia fatto negli ultimi 30 – sono sia il comparto dell’automotive sia quello dell’aftermarket che però dovranno ripensare ai loro modelli di business. Nel primo caso costruttori e Oem (Original equipment manufacturer) dovranno investire maggiori risorse in ricerca e sviluppo tecnologico così da abbattere le spese di produzione, aumentare l’efficienza dei veicoli e perfezionare software e servizi collegati alla rete di cui sarà dotata l’auto. Mentre per il settore dell’assistenza post vendita, e in particolare per quello indipendente dalle case automobilistiche, la strada passa dalla necessità di ammodernare i macchinari e gli strumenti di lavoro e accrescere la propria formazione professionale.
La situazione in Italia e nel resto d’Europa
Spostandoci in Italia l’opzione auto elettrica è ancora molto bassa tanto da essere lontani dagli standard degli altri paesi europei dove la domanda cresce più che da noi. I dati Unrae del mercato auto italiano del 2016 evidenziano come su 1 milione e 824 mila immatricolazioni solo il 2,2% (40.250) è composto da veicoli elettrici e ibridi (era l’1,5% nel 2015). Scorporando ulteriormente il dato si nota che a crescere sono solo i secondi – passati da 26.240 nel 2015 a 38.874 nell’ultimo anno – mentre si registra un calo del 5,5% per i primi. In pratica, secondo un’analisi dell’Anfia, nell’anno appena trascorso ogni 100 nuove vetture immatricolate 10 hanno alimentazione alternativa (compreso gpl e metano) mentre ogni 10 mila solo 7,5 sono a elettrico puro. I motivi di questo incedere a rilento sono molteplici. Più di tutti pesano il prezzo alto dei veicoli – che in altri paesi sono compensati da sostanziosi sgravi fiscali – e lo scarso numero d’infrastrutture per la ricarica. Due elementi che uniti ai dubbi dei consumatori nei confronti dell’elettrico costituiscono un freno per lo sviluppo di questo mercato. Infatti, a ben guardare in Italia a possedere auto “full electric” sono per lo più aziende e società di noleggio. Qualcosa però sembra muoversi sul lato delle infrastrutture e ciò grazie anche alla direttiva europea Dafi – recepita di recente dal Governo – sui carburanti alternativi. Stando alle parole del ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, nei prossimi 3 anni si assisterà a un’implemento della rete di distribuzione dei carburanti alternativi che oltre a quelli a gpl e metano interesserà anche le colonnine per la ricarica elettrica. Questo, in teoria, dovrebbe fungere da stimolo per accrescere la vendita delle auto a emissioni zero a scapito di quelle a diesel e benzina.
Tutt’altra storia in Olanda dove il distacco dai motori termici sarà più netto. Infatti, il parlamento olandese sta discutendo una proposta di legge che prevede, a partire dal 2025, il divieto di vendita di auto a combustione interna a tutto vantaggio di quelle ecofriendly. Scenari simili si stanno prospettando anche in altri Stati europei. Ad esempio in Germania, Francia e Regno Unito sono cresciuti gli incentivi statali per l’acquisto di veicoli ecologici. Mentre nei paesi scandinavi, dove l’auto a “scossa” è molto diffusa, è iniziata la prima sperimentazioni di strade elettriche. Tra la Svezia e la Norvegia esiste un tratto di autostrada dove i mezzi pesanti ibridi vengono alimentati a elettricità, come avviene per i filobus.
Ed è proprio sulle batterie, sul loro costo per produrle, sull’autonomia, sui tempi di ricarica e sulla presenza di stazioni ad hoc per rifornirsi che si gioca la partita decisiva nello sviluppo e diffusione delle auto ecofriendly. Per i costruttori di automobili il costo delle “battery-pack” è ancora troppo elevato, assorbendo gran parte dei costi di produzione di un’auto elettrica. Ma secondo un’analisi realizzata da Bloomberg new energy finance (Bnef) e McKinsey & Co in futuro il prezzo diminuirà progressivamente, passando dal 20 al 16% ogni volta che l’immatricolazione di veicoli elettrici raddoppia. E un primo segnale, in questa direzione, lo si coglie nel calo del costo degli accumulatori che, in base a una stima degli analisti di Bnef, rispetto al 2010 è sceso del 65%. Tanto che oggi per un Kwh erogato bastano 350 dollari contro i 1.000 di sei anni fa. A cogliere le opportunità che questa trasformazione della mobilità porta con sé – è ragionevole pensare che nei prossimi anni l’auto cambierà più di quanto non abbia fatto negli ultimi 30 – sono sia il comparto dell’automotive sia quello dell’aftermarket che però dovranno ripensare ai loro modelli di business. Nel primo caso costruttori e Oem (Original equipment manufacturer) dovranno investire maggiori risorse in ricerca e sviluppo tecnologico così da abbattere le spese di produzione, aumentare l’efficienza dei veicoli e perfezionare software e servizi collegati alla rete di cui sarà dotata l’auto. Mentre per il settore dell’assistenza post vendita, e in particolare per quello indipendente dalle case automobilistiche, la strada passa dalla necessità di ammodernare i macchinari e gli strumenti di lavoro e accrescere la propria formazione professionale.
La situazione in Italia e nel resto d’Europa
Spostandoci in Italia l’opzione auto elettrica è ancora molto bassa tanto da essere lontani dagli standard degli altri paesi europei dove la domanda cresce più che da noi. I dati Unrae del mercato auto italiano del 2016 evidenziano come su 1 milione e 824 mila immatricolazioni solo il 2,2% (40.250) è composto da veicoli elettrici e ibridi (era l’1,5% nel 2015). Scorporando ulteriormente il dato si nota che a crescere sono solo i secondi – passati da 26.240 nel 2015 a 38.874 nell’ultimo anno – mentre si registra un calo del 5,5% per i primi. In pratica, secondo un’analisi dell’Anfia, nell’anno appena trascorso ogni 100 nuove vetture immatricolate 10 hanno alimentazione alternativa (compreso gpl e metano) mentre ogni 10 mila solo 7,5 sono a elettrico puro. I motivi di questo incedere a rilento sono molteplici. Più di tutti pesano il prezzo alto dei veicoli – che in altri paesi sono compensati da sostanziosi sgravi fiscali – e lo scarso numero d’infrastrutture per la ricarica. Due elementi che uniti ai dubbi dei consumatori nei confronti dell’elettrico costituiscono un freno per lo sviluppo di questo mercato. Infatti, a ben guardare in Italia a possedere auto “full electric” sono per lo più aziende e società di noleggio. Qualcosa però sembra muoversi sul lato delle infrastrutture e ciò grazie anche alla direttiva europea Dafi – recepita di recente dal Governo – sui carburanti alternativi. Stando alle parole del ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, nei prossimi 3 anni si assisterà a un’implemento della rete di distribuzione dei carburanti alternativi che oltre a quelli a gpl e metano interesserà anche le colonnine per la ricarica elettrica. Questo, in teoria, dovrebbe fungere da stimolo per accrescere la vendita delle auto a emissioni zero a scapito di quelle a diesel e benzina.
Tutt’altra storia in Olanda dove il distacco dai motori termici sarà più netto. Infatti, il parlamento olandese sta discutendo una proposta di legge che prevede, a partire dal 2025, il divieto di vendita di auto a combustione interna a tutto vantaggio di quelle ecofriendly. Scenari simili si stanno prospettando anche in altri Stati europei. Ad esempio in Germania, Francia e Regno Unito sono cresciuti gli incentivi statali per l’acquisto di veicoli ecologici. Mentre nei paesi scandinavi, dove l’auto a “scossa” è molto diffusa, è iniziata la prima sperimentazioni di strade elettriche. Tra la Svezia e la Norvegia esiste un tratto di autostrada dove i mezzi pesanti ibridi vengono alimentati a elettricità, come avviene per i filobus.