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Novembre 2017

Stampa 3D, una rivoluzione hi-tech che piace all’industria dell’auto

di Dino Collazzo

Le tecniche di additive manufacturing sono sempre di più parte integrante della produzione industriale. Il mondo dell’automotive ne ha colto il potenziale economico avviando progetti di sperimentazione.
Scegliere il modello di auto che si desidera per poi stamparsela nel garage di casa. In futuro, forse, si assisterà a qualcosa del genere, nel frattempo però lo sviluppo tecnologico dell’additive manufacturing è sempre più parte integrante dei processi di produzione industriale su larga scala. E uno dei settori ad averne compreso il potenziale economico è il mondo dell’automotive. Case automobilistiche e grandi aziende della componentistica hanno iniziato a investire sulla stampa 3D: un’innovazione il cui vantaggio è dato da un risparmio sia di tempo per la realizzazione di veicoli e componenti sia di utilizzo di materie prime.
 
L’evoluzione delle tecniche di additive manufacturing – dalla progettazione alla produzione –renderà, nei prossimi anni, questa tecnologia più conveniente ed efficiente. Si tratta di un mercato in forte crescita da cui attingerà la grande industria. Una ricerca realizzata da International data corporation a gennaio 2017 (società specializzata in ricerche di mercato nei settori Ict e dell’innovazione digitale) ha calcolato per il 2016 acquisti a livello mondiale di stampanti, materiali, software e servizi correlati alla stampa 3D dal valore complessivo di 13,2 miliardi di dollari. Ma il report dice di più, prevedendo un tasso di crescita annuo composto (Cagr) di cinque anni del 22,3%, con un fatturato pari a 28,9 miliardi di dollari nel 2020. Il cui maggior ricavo arriverà proprio dal mondo dell’automotive.
 
In attesa che si celebri a tutti gli effetti questo matrimonio tra l’industria automobilistica e quello della stampa 3D, diversi costruttori – tra cui Ferrari, Lamborghini, Volkswagen, Ford, Audi e Bmw, solo per citarne alcuni – ne stanno testando il potenziale. Per ora la sperimentazione è concentrata sulla realizzazione di singole parti in metallo. L’intento è riuscire a contenere i costi di fabbricazione dei diversi componenti – telaio, elementi del motore, interni dell’auto – così da dare il via a una produzione su larga scala. Un obiettivo non certo semplice e sul quale le case automobilistiche e quelle dell’aftermarket hanno deciso di destinare parte delle loro risorse: attraverso la creazione di divisioni ad hoc all’interno delle proprie aziende e di partnership con i produttori delle stampanti. La corsa verso la manifattura additiva però non si limita solo al mondo dell’industria automobilistica fatta di progettazione e produzione di auto e componenti. La capacità di penetrazione della stampante 3D potrebbe interessare anche il settore della ricambistica: specie quella che riguarderà l’officina 4.0. In futuro oltre a monitorare le auto a distanza, attraverso la diagnosi da remoto, meccatronici e carrozzieri potrebbero accorciare i tempi delle riparazioni, grazie a pezzi di ricambio pronti “just in time”. Intanto però l’uso delle stampanti 3d ha già iniziato a prendere piede nel mercato delle auto d’epoca. In questo caso, con l’ausilio di scanner 3d, si riescono a ricostruire parti della carrozzeria altrimenti introvabili perché fuori produzione.
 
I campi d’applicazione che questa tecnologia porta con sé, così come le opportunità di business, sono davvero svariati. Ma, il diffondersi di quest’innovazione ha anche un altro aspetto legato al tipo d’impatto che avrà nel mondo del lavoro. In particolare su tutte quelle figure – ingegneri meccanici, industriali, designer, saldatori e assemblatori – considerate oggi indispensabili per costruire e rifinire un’automobile. Un’incognita non di poco conto. Su cui lo stesso mondo del lavoro (industriali e sindacati) insieme con i Governi sono chiamati a riflettere. Così da individuare un modello di politica economica e industriale capace di intercettare la rivoluzione tecnologica e tenere unito il tessuto sociale.  





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