Addio a Marcello Gandini, genio italiano del car design
Francesca Del Bello
Ritratto nostalgico di un tempo concluso
Alfa Romeo Carabo, Ferrari Dino GT4, Citroen BX, Fiat 132, Innocenti Mini 90/120, Lamborghini Miura, Lancia Stratos, Maserati Chubasco, Renault Supercinque (e questo elenco potrebbe continuare ancora per molte, molte righe): che cosa accomuna queste automobili, oltre al fatto di essere modelli iconici? La mente e la mano - o meglio, il tratto di matita -, di chi le ha disegnate: Marcello Gandini, designer italiano morto lo scorso marzo all’età di 85 anni. Fra le pieghe della sua carriera, c’è tutta la storia dell’eccellenza italiana dell’automobile.
Una passione per i motori nata da un modellino di cabriolet tedesca e da una scatola di Meccano ricevute in regalo a 5 anni, come ha raccontato lo stesso Gandini, proseguita poi fra i banchi del liceo classico, quando al posto di comprare un libro di esercizi di latino, il giovane aveva preferito acquistare il volume “Motori Endotermici” di Dante Giacosa. E poi, il disegno: “[i]niziai a disegnare, in un’epoca in cui la parola designer non esisteva in Italia”, racconta Gandini durante la Lectio Magistralis tenuta in occasione del conferimento della Laurea honoris causa in ingegneria meccanica al Politecnico di Torino a gennaio di quest’anno.
Siamo all’inizio degli anni ’60, l’Italia è nel pieno del boom economico e il Piemonte sta consolidando la propria posizione come culla dell’industria automobilistica italiana. Gandini cerca di mantenersi come può facendo qualche piccolo lavoro per dei carrozzieri: poi, il genio incontra il proprio destino. I suoi disegni vengono notati da Nuccio Bertone, l’imprenditore alla guida dell’omonima carrozzeria che ha scoperto e lanciato alcuni fra i più grandi nomi di car designer italiani; in un primo tempo, però, l’ingresso di Gandini nel Gruppo Bertone trova alcune resistenze (il nome di Giorgetto Giugiaro vi dice qualcosa?) ed è solo a distanza di due anni dal primo incontro che Gandini entra finalmente a far parte dello studio torinese. Inizia così un sodalizio fra Gandini e Bertone che dura quasi 14 anni: una collaborazione segnata dalla fiducia e dalla grande autonomia data fin da subito al giovane designer, ventiseienne all’epoca dell’inizio della sua collaborazione con Bertone. Sono gli anni dello stile graffiante e spigoloso, dei prototipi più audaci, nascono in questo periodo due fra i modelli più iconici targati Lamborghini, la Miura e la Countach, del prototipo della (mitica) Lancia Stratos. La crisi petrolifera degli anni ’70, però, contribuisce a placare parte di quell’entusiasmo e di quella spinta visionaria ed avanguardista: come ha raccontato lo stesso Gandini in un’intervista, è un periodo in cui il disegno dei prototipi diventa più pratico, strettamente legato alla produzione. Sono di questi gli anni delle Mini Innocenti 90 e 120, ma sono anche gli anni in cui inizia a cambiare l’industria automobilistica. Le case automobilistiche iniziano a sviluppare in maniera sempre più completa i propri centri stile interni, racconta ancora Gandini: “fortunatamente mi è rimasto il mio secondo cappello, che era quello di meccanico”. La carriera del designer torna quindi a quella scatola di Meccano ricevuta in regalo tanti anni prima, e si concentra sull’architettura dell’automobile e sui sistemi di produzione. Come coronamento simbolico della sua carriera, riceve dal Politecnico di Torino la laurea honoris causa in Ingegneria Meccanica. Ed è proprio durante la Lectio Magistralis che Marcello Gandini tiene in occasione della cerimonia di conferimento, che racconta agli studenti – e a tutto il pubblico – che cosa è per lui l’automobile. Parole che sembrano, ora, un testamento spirituale. Le riportiamo per intero.
“L’automobile è un sogno, un desiderio, durato millenni. È per metà un tappeto volante e per metà una casa. È l’oggetto magico che ci dona la libertà di andare in un istante ovunque vogliamo, offrendo al tempo stesso protezione, riparo, spazio che si muove insieme a noi. È libertà. Individuale. Questa per me è l’essenza stessa dell’automobile, a cui si uniscono ancora tanti altri elementi emotivi. Un’auto è il piacere del possesso di un oggetto levigato, seducente, importante. È anche espressione del lato romantico della meccanica: ovvero l’estensione psicologica delle 5 possibilità fisiche, il proseguimento di noi, del nostro desiderio di velocità, di forza, di perfezione. Di bellezza. E ancora, l’automobile è l’oggetto che più esalta l’unica vera invenzione dell’uomo, l’unico elemento non esistente in natura che l’uomo abbia aggiunto: la ruota. In natura esisteva l’aereo – gli uccelli; la nave – un tronco che galleggia; l’elettronica – il sistema nervoso. La ruota no. C’erano massi tondi, una rondella di tronco d’albero, che potevano rotolare, ma l’uomo ha aggiunto il perno, e da lì ha mosso il mondo.”
Lectio Magistralis, Marcello Gandini – Cerimonia conferimento Laurea honoris causa in ingegneria meccanica – Politecnico di Torino
Una passione per i motori nata da un modellino di cabriolet tedesca e da una scatola di Meccano ricevute in regalo a 5 anni, come ha raccontato lo stesso Gandini, proseguita poi fra i banchi del liceo classico, quando al posto di comprare un libro di esercizi di latino, il giovane aveva preferito acquistare il volume “Motori Endotermici” di Dante Giacosa. E poi, il disegno: “[i]niziai a disegnare, in un’epoca in cui la parola designer non esisteva in Italia”, racconta Gandini durante la Lectio Magistralis tenuta in occasione del conferimento della Laurea honoris causa in ingegneria meccanica al Politecnico di Torino a gennaio di quest’anno.
Siamo all’inizio degli anni ’60, l’Italia è nel pieno del boom economico e il Piemonte sta consolidando la propria posizione come culla dell’industria automobilistica italiana. Gandini cerca di mantenersi come può facendo qualche piccolo lavoro per dei carrozzieri: poi, il genio incontra il proprio destino. I suoi disegni vengono notati da Nuccio Bertone, l’imprenditore alla guida dell’omonima carrozzeria che ha scoperto e lanciato alcuni fra i più grandi nomi di car designer italiani; in un primo tempo, però, l’ingresso di Gandini nel Gruppo Bertone trova alcune resistenze (il nome di Giorgetto Giugiaro vi dice qualcosa?) ed è solo a distanza di due anni dal primo incontro che Gandini entra finalmente a far parte dello studio torinese. Inizia così un sodalizio fra Gandini e Bertone che dura quasi 14 anni: una collaborazione segnata dalla fiducia e dalla grande autonomia data fin da subito al giovane designer, ventiseienne all’epoca dell’inizio della sua collaborazione con Bertone. Sono gli anni dello stile graffiante e spigoloso, dei prototipi più audaci, nascono in questo periodo due fra i modelli più iconici targati Lamborghini, la Miura e la Countach, del prototipo della (mitica) Lancia Stratos. La crisi petrolifera degli anni ’70, però, contribuisce a placare parte di quell’entusiasmo e di quella spinta visionaria ed avanguardista: come ha raccontato lo stesso Gandini in un’intervista, è un periodo in cui il disegno dei prototipi diventa più pratico, strettamente legato alla produzione. Sono di questi gli anni delle Mini Innocenti 90 e 120, ma sono anche gli anni in cui inizia a cambiare l’industria automobilistica. Le case automobilistiche iniziano a sviluppare in maniera sempre più completa i propri centri stile interni, racconta ancora Gandini: “fortunatamente mi è rimasto il mio secondo cappello, che era quello di meccanico”. La carriera del designer torna quindi a quella scatola di Meccano ricevuta in regalo tanti anni prima, e si concentra sull’architettura dell’automobile e sui sistemi di produzione. Come coronamento simbolico della sua carriera, riceve dal Politecnico di Torino la laurea honoris causa in Ingegneria Meccanica. Ed è proprio durante la Lectio Magistralis che Marcello Gandini tiene in occasione della cerimonia di conferimento, che racconta agli studenti – e a tutto il pubblico – che cosa è per lui l’automobile. Parole che sembrano, ora, un testamento spirituale. Le riportiamo per intero.
“L’automobile è un sogno, un desiderio, durato millenni. È per metà un tappeto volante e per metà una casa. È l’oggetto magico che ci dona la libertà di andare in un istante ovunque vogliamo, offrendo al tempo stesso protezione, riparo, spazio che si muove insieme a noi. È libertà. Individuale. Questa per me è l’essenza stessa dell’automobile, a cui si uniscono ancora tanti altri elementi emotivi. Un’auto è il piacere del possesso di un oggetto levigato, seducente, importante. È anche espressione del lato romantico della meccanica: ovvero l’estensione psicologica delle 5 possibilità fisiche, il proseguimento di noi, del nostro desiderio di velocità, di forza, di perfezione. Di bellezza. E ancora, l’automobile è l’oggetto che più esalta l’unica vera invenzione dell’uomo, l’unico elemento non esistente in natura che l’uomo abbia aggiunto: la ruota. In natura esisteva l’aereo – gli uccelli; la nave – un tronco che galleggia; l’elettronica – il sistema nervoso. La ruota no. C’erano massi tondi, una rondella di tronco d’albero, che potevano rotolare, ma l’uomo ha aggiunto il perno, e da lì ha mosso il mondo.”
Lectio Magistralis, Marcello Gandini – Cerimonia conferimento Laurea honoris causa in ingegneria meccanica – Politecnico di Torino