Bifuel, dal ciclo dei rifiuti i carburanti sostenibili. Ecco come si muove l’Unione Europea
di Dino Collazzo
Cresce a un ritmo costante l’utilizzo dei biocombustibili nel settore dei trasporti. Intanto le istituzioni europee stanno lavorando per trovare un accordo sulla proposta della Commissione Europea di riformare la direttiva sulle energie rinnovabili (Red). Multinazionali e startup investono in innovazione e tecnologia per realizzare il carburante "fossil free".
Il carburante delle auto di domani potrebbe derivare dai rifiuti che produciamo tutti i giorni. La nuova frontiera dei biocombustibili di ultima generazione passa dal riciclo degli oli esausti, degli scarti dei processi di produzione e persino dei pneumatici usurati. Attraverso una procedura di lavorazione industriale ciò che finisce nella pattumiera potrebbe tornare in circolo sotto forma di energia elettrica e carburante per i trasporti. La trasformazione dei rifiuti in combustibile prodotto in modo sostenibile – oggi la produzione di biocarburante passa dall’impiego di colture alimentari (specie gli oli vegetali) e conseguente deforestazione – consentirebbe di fornire il giusto impulso allo sviluppo di un’economia circolare, obiettivo che la Comunità Europea intende raggiungere entro il 2030. E aumentare così la quota di utilizzo di energia, da fonte rinnovabile, da destinare al settore dei trasporti. Attualmente l’obiettivo, fissato dalla direttiva comunitaria Red, è di riuscire a raggiungere il 10% entro il 2020. Una sfida in cui i biocarburanti giocano un ruolo importante.
Non tutti i biocombustibili però sembrano essere utili a concorrere a questo risultato. Infatti le istituzioni comunitarie, da qualche tempo, stanno lavorando per trovare un accordo sulla proposta della Commissione Europea di riformare la direttiva sulle energie rinnovabili (Red). E uno dei temi su cui si discute riguarda proprio l’utilizzo dei biocarburanti nei trasporti. In particolare, si sta discutendo sull’eventualità dell’uscita di scena dei biocombustibili prodotti da materie prime alimentari, favorendo in questo modo l’ingresso di una nuova generazione di carburanti alternativi a minore impatto ambientale. Le nuove regole dovranno guidare la politica energetica della Ue fino al 2030 e propongono l’obbligo, per i produttori, di fornire o miscelare, insieme con i combustibili fossili, il 6,8% di biocarburanti avanzati e di elettricità rinnovabile. Inoltre la direttiva, qualora dovesse essere approvata, fisserebbe anche un tetto per i biocarburanti di origine vegetale, portando la percentuale dal 7 al 3,8.
Nell’Unione Europea, stando agli ultimi dati Eurostat, i biocombustibili (solidi, liquidi e gassosi) rappresentano il 7,6% del totale dei carburanti consumati nel settore dei trasporti. Il peso maggiore è rappresentato dai biocarburanti liquidi seguiti da quelli gassosi. La loro realizzazione avviene attraverso un processo di lavorazione delle biomasse, per poi essere miscelati con i derivati di combustibili fossili: i più diffusi sono il biodiesel (80,6%), il bioetanolo (18,4%) e il biogas (1%). I principali Paesi europei produttori di biocarburante sono la Germania, la Francia, la Spagna e l’Italia. Insieme questi quattro superano il 50% della produzione totale. Gli stessi Paesi sono anche i maggiori consumatori.
Osservando i dati si nota, accanto a una riduzione del consumo di energia nel settore dei trasporti – dovuto anche a motori più efficienti – una crescita dei biocombustibile. I numeri però da soli non bastano a raccontare quest’incremento. Infatti, ciò che è interessante capire è come questa crescita evolverà, quali tecniche innovative si svilupperanno e quali prospettive di business potranno aprirsi in questo settore. Intanto c’è già chi ha iniziato a investire nel campo dei biocarburanti. Da qualche tempo diverse aziende, startup e multinazionali, stanno sperimentano nuovi metodi di lavorazione per riuscire a trasformare in materie prime prodotti di scarto. C’è chi sta costruendo bio-raffinerie in cui la parte umida dei rifiuti organici, attraverso un processo di termoliquefazione, viene trasformata in bio-olio, da utilizzare poi come combustibile, chi ha avviato impianti per la rigenerazione degli oli esausti e chi ha sviluppato un metodo che permette di produrre miscela carburante attraverso il trattamento dei pneumatici fuori uso.
Non tutti i biocombustibili però sembrano essere utili a concorrere a questo risultato. Infatti le istituzioni comunitarie, da qualche tempo, stanno lavorando per trovare un accordo sulla proposta della Commissione Europea di riformare la direttiva sulle energie rinnovabili (Red). E uno dei temi su cui si discute riguarda proprio l’utilizzo dei biocarburanti nei trasporti. In particolare, si sta discutendo sull’eventualità dell’uscita di scena dei biocombustibili prodotti da materie prime alimentari, favorendo in questo modo l’ingresso di una nuova generazione di carburanti alternativi a minore impatto ambientale. Le nuove regole dovranno guidare la politica energetica della Ue fino al 2030 e propongono l’obbligo, per i produttori, di fornire o miscelare, insieme con i combustibili fossili, il 6,8% di biocarburanti avanzati e di elettricità rinnovabile. Inoltre la direttiva, qualora dovesse essere approvata, fisserebbe anche un tetto per i biocarburanti di origine vegetale, portando la percentuale dal 7 al 3,8.
Nell’Unione Europea, stando agli ultimi dati Eurostat, i biocombustibili (solidi, liquidi e gassosi) rappresentano il 7,6% del totale dei carburanti consumati nel settore dei trasporti. Il peso maggiore è rappresentato dai biocarburanti liquidi seguiti da quelli gassosi. La loro realizzazione avviene attraverso un processo di lavorazione delle biomasse, per poi essere miscelati con i derivati di combustibili fossili: i più diffusi sono il biodiesel (80,6%), il bioetanolo (18,4%) e il biogas (1%). I principali Paesi europei produttori di biocarburante sono la Germania, la Francia, la Spagna e l’Italia. Insieme questi quattro superano il 50% della produzione totale. Gli stessi Paesi sono anche i maggiori consumatori.
Osservando i dati si nota, accanto a una riduzione del consumo di energia nel settore dei trasporti – dovuto anche a motori più efficienti – una crescita dei biocombustibile. I numeri però da soli non bastano a raccontare quest’incremento. Infatti, ciò che è interessante capire è come questa crescita evolverà, quali tecniche innovative si svilupperanno e quali prospettive di business potranno aprirsi in questo settore. Intanto c’è già chi ha iniziato a investire nel campo dei biocarburanti. Da qualche tempo diverse aziende, startup e multinazionali, stanno sperimentano nuovi metodi di lavorazione per riuscire a trasformare in materie prime prodotti di scarto. C’è chi sta costruendo bio-raffinerie in cui la parte umida dei rifiuti organici, attraverso un processo di termoliquefazione, viene trasformata in bio-olio, da utilizzare poi come combustibile, chi ha avviato impianti per la rigenerazione degli oli esausti e chi ha sviluppato un metodo che permette di produrre miscela carburante attraverso il trattamento dei pneumatici fuori uso.