Egea incontra la Commissione europea sull’accesso alla porta Obd
Massimo Brunamonti
"Serve un dialogo per evitare nuove limitazioni che violano il diritto degli operatori indipendenti dell’autoriparazione di accedere alla diagnosi"
Il problema dell’accesso alla porta Obd si va complicando: altri costruttori di auto hanno introdotto o stanno per introdurre nuove limitazioni che in qualche maniera violano il diritto degli operatori indipendenti dell’autoriparazione di accedere in maniera non discriminatoria alla diagnosi e conseguentemente ne penalizzano il business.
Questo è quanto sostenuto nella teleconferenza con la Commissione europea per il Mercato interno, industria e imprenditoria, dello 28 aprile scorso, durante la quale la delegazione Egea ha incontrato (via internet causa coronavirus) i rappresentanti dell’ufficio C/4 Automotive e Mobilità, guidato da Joanna Szychowska, responsabile per l’omologazione dei veicoli a motore.
Nel corso dell’incontro, Egea ha evidenziato come, dopo le prime introduzioni già nel 2017 di un meccanismo di interdizione all’accesso (il cosiddetto Security Gateway), altri costruttori stanno seguendo con iniziative simili che introdurrebbero illegittime discriminazioni, inopportune difficoltà e costi aggiuntivi.
La giustificazione alla limitazione all’accesso via porta Obd è per tutti i costruttori la necessità di garantire la sicurezza informatica del veicolo. Niente da obiettare: la sicurezza stradale oggi richiede sicurezza informatica; ma la sicurezza non ha niente a che fare con la discriminazione e men che meno con la protezione del business; Egea sostiene che può essere sì necessario introdurre un meccanismo di controllo di accesso ma a condizione che non sia il costruttore del veicolo a decidere chi ammettere e chi no, con quale strumento di diagnosi o, peggio ancora, usare tali informazioni non tanto per tracciare legittimamente gli interventi effettuati, ma per svilupparci intorno un business da una posizione di prevalenza.
Un altro aspetto assolutamente non secondario sono le prevedibili conseguenze economiche di un proliferare di meccanismi diversi di accesso. Oltre al costo di accesso “per singola sessione” che a norma di legge deve essere proporzionato all’uso, diversi modi e strumenti di accesso per diversi costruttori porteranno inevitabilmente a una moltiplicazione di software e probabilmente anche di hardware e piattaforme digitali con conseguenti aumenti significativo dei costi delle apparecchiature. Perché? Per accedere alla porta Obd in modo “protetto”, cioè fare tutti esattamente la stessa cosa ma tutti in modo diverso. Senza voler essere polemici, se si fosse a suo tempo cooperato per lo sviluppo del Sermi oggi forse il problema non sussisterebbe.
Nel corso dell’incontro Egea ha presentato una lista di veicoli di vari costruttori che presenterebbero non conformità alla normativa esistente (Euro 5) o in via di applicazione (nuovo Regolamento 858/2018/EU). Euro 5, attraverso i Regolamenti 715/2007/EC e 692/2008/EC, prevede infatti che il costruttore assicuri e dimostri la conformità del veicolo in corso di omologazione anche per quanto riguarda l’accessibilità alla porta Obd. Tali non conformità inoltre violerebbero il concetto generale di libera concorrenza tra gli organizzati e gli operatori indipendenti (autoriparatori e costruttori di attrezzature), a cui si ispira il Regolamento 566/2011/EU sull’accesso alle informazioni di riparazione e manutenzione.
Ai sensi degli stessi Regolamenti, oggi sono le autorità o agenzie di omologazione a livello nazionale gli unici enti responsabili per le verifiche di conformità sui veicoli; con l’entrata in vigore il prossimo settembre del nuovo Regolamento 858/2018 la Commissione assumerà nuovi compiti di monitoraggio e supervisione sull’operato delle autorità nazionali.
Stante così le cose la risposta dei membri della Commissione alla richiesta di Egea è stata che oggi e in attesa del nuovo Regolamento, la Commissione non ha potere di azione ma che comunque porterà la questione al tavolo del Mvwg (Gruppo di lavoro sui veicoli a motore) dove tutti gli attori del settore sono rappresentati. Parallelamente la Commissione ha invitato Egea a presentare richieste di accertamento di conformità alle autorità nazionali competenti, particolarmente quelle che hanno rilasciato l’omologazione.
Egea ha deciso pertanto di seguire la strada già percorsa nel 2018. Allora Egea si rivolse alla Divisione 3 della Direzione Generale della Motorizzazione, ente omologatore italiano. La Divisione 3 si attivò subito e avviò un processo attraverso il quale il problema, se pure non risolto, si è venuto attenuando: il costruttore ha reso disponibile un software (detto “wrapper”) installabile su strumenti di diagnosi multimarca mediante il quale accedere alla porta Obd previa rilascio di certificati di accesso individuali.
Dato il proliferare della casistica, rivolgersi alle varie autorità di omologazione sarà un processo complesso e dispendioso, ma Egea ritiene che il percorso del dialogo sia quello corretto, come dimostrato del caso del wrapper, soprattutto quando la legislazione parla abbastanza chiaramente e proprio favore. In uno scenario che si va ulteriormente complicando con l’entrata in vigore del Regolamento 858 e i futuri decreti relativi alla cybersecurity, proprio questo è il momento di porre le basi per la tutela dei propri diritti.
Questo è quanto sostenuto nella teleconferenza con la Commissione europea per il Mercato interno, industria e imprenditoria, dello 28 aprile scorso, durante la quale la delegazione Egea ha incontrato (via internet causa coronavirus) i rappresentanti dell’ufficio C/4 Automotive e Mobilità, guidato da Joanna Szychowska, responsabile per l’omologazione dei veicoli a motore.
Nel corso dell’incontro, Egea ha evidenziato come, dopo le prime introduzioni già nel 2017 di un meccanismo di interdizione all’accesso (il cosiddetto Security Gateway), altri costruttori stanno seguendo con iniziative simili che introdurrebbero illegittime discriminazioni, inopportune difficoltà e costi aggiuntivi.
La giustificazione alla limitazione all’accesso via porta Obd è per tutti i costruttori la necessità di garantire la sicurezza informatica del veicolo. Niente da obiettare: la sicurezza stradale oggi richiede sicurezza informatica; ma la sicurezza non ha niente a che fare con la discriminazione e men che meno con la protezione del business; Egea sostiene che può essere sì necessario introdurre un meccanismo di controllo di accesso ma a condizione che non sia il costruttore del veicolo a decidere chi ammettere e chi no, con quale strumento di diagnosi o, peggio ancora, usare tali informazioni non tanto per tracciare legittimamente gli interventi effettuati, ma per svilupparci intorno un business da una posizione di prevalenza.
Un altro aspetto assolutamente non secondario sono le prevedibili conseguenze economiche di un proliferare di meccanismi diversi di accesso. Oltre al costo di accesso “per singola sessione” che a norma di legge deve essere proporzionato all’uso, diversi modi e strumenti di accesso per diversi costruttori porteranno inevitabilmente a una moltiplicazione di software e probabilmente anche di hardware e piattaforme digitali con conseguenti aumenti significativo dei costi delle apparecchiature. Perché? Per accedere alla porta Obd in modo “protetto”, cioè fare tutti esattamente la stessa cosa ma tutti in modo diverso. Senza voler essere polemici, se si fosse a suo tempo cooperato per lo sviluppo del Sermi oggi forse il problema non sussisterebbe.
Nel corso dell’incontro Egea ha presentato una lista di veicoli di vari costruttori che presenterebbero non conformità alla normativa esistente (Euro 5) o in via di applicazione (nuovo Regolamento 858/2018/EU). Euro 5, attraverso i Regolamenti 715/2007/EC e 692/2008/EC, prevede infatti che il costruttore assicuri e dimostri la conformità del veicolo in corso di omologazione anche per quanto riguarda l’accessibilità alla porta Obd. Tali non conformità inoltre violerebbero il concetto generale di libera concorrenza tra gli organizzati e gli operatori indipendenti (autoriparatori e costruttori di attrezzature), a cui si ispira il Regolamento 566/2011/EU sull’accesso alle informazioni di riparazione e manutenzione.
Ai sensi degli stessi Regolamenti, oggi sono le autorità o agenzie di omologazione a livello nazionale gli unici enti responsabili per le verifiche di conformità sui veicoli; con l’entrata in vigore il prossimo settembre del nuovo Regolamento 858/2018 la Commissione assumerà nuovi compiti di monitoraggio e supervisione sull’operato delle autorità nazionali.
Stante così le cose la risposta dei membri della Commissione alla richiesta di Egea è stata che oggi e in attesa del nuovo Regolamento, la Commissione non ha potere di azione ma che comunque porterà la questione al tavolo del Mvwg (Gruppo di lavoro sui veicoli a motore) dove tutti gli attori del settore sono rappresentati. Parallelamente la Commissione ha invitato Egea a presentare richieste di accertamento di conformità alle autorità nazionali competenti, particolarmente quelle che hanno rilasciato l’omologazione.
Egea ha deciso pertanto di seguire la strada già percorsa nel 2018. Allora Egea si rivolse alla Divisione 3 della Direzione Generale della Motorizzazione, ente omologatore italiano. La Divisione 3 si attivò subito e avviò un processo attraverso il quale il problema, se pure non risolto, si è venuto attenuando: il costruttore ha reso disponibile un software (detto “wrapper”) installabile su strumenti di diagnosi multimarca mediante il quale accedere alla porta Obd previa rilascio di certificati di accesso individuali.
Dato il proliferare della casistica, rivolgersi alle varie autorità di omologazione sarà un processo complesso e dispendioso, ma Egea ritiene che il percorso del dialogo sia quello corretto, come dimostrato del caso del wrapper, soprattutto quando la legislazione parla abbastanza chiaramente e proprio favore. In uno scenario che si va ulteriormente complicando con l’entrata in vigore del Regolamento 858 e i futuri decreti relativi alla cybersecurity, proprio questo è il momento di porre le basi per la tutela dei propri diritti.