L’Etiopia annuncia lo stop all’importazione di veicoli endotermici
Francesca Del Bello
La dichiarazione arriva dal Ministro dei Trasporti e della Logistica. Ma la decisione solleva perplessità
“La decisione è stata presa: le auto non potranno entrare in Etiopia a meno che non siano elettriche”: con poche, laconiche parole pronunciate dal Ministro dei Trasporti e della Logistica etiope Alemu Sime, lo stato africano si prepara a diventare il primo Paese al mondo a vietare l’importazione dei veicoli alimentati con motore a combustione interna. Una decisione che, nei piani del governo etiope, potrebbe diventare effettiva già entro la fine del 2024. Questa accelerazione improvvisa (e inaspettata) brucerebbe sul tempo gli altri paesi già impegnati su questo fronte – primo fra tutti la Norvegia, che si prepara a vietare la vendita di veicoli endotermici a partire dal 2025 e dove da tempo la percentuale di auto elettriche nuove vendute raggiunge circa l’80% del totale.
Un impegno decisivo del governo di Addis Abeba in direzione di un futuro più sostenibile, che però impone una lettura un po’ più ampia. Innanzitutto, la principale ragione che motiva questa decisione sembra essere più di natura economica che di natura prettamente ambientale. È infatti vero che questa misura prosegue e conferma l’impegno del paese verso l’utilizzo di energie provenienti da fonti rinnovabili (nel caso dell’Etiopia, principalmente energia idroelettrica), attivo da ormai 20 anni; ma accanto a questo è il Ministro stesso a segnalare la necessità di un taglio netto alle spese di importazione di petrolio e derivati, utilizzati in larga parte per il settore dei trasporti. Una spesa che, secondo fonti etiopi, ammonterebbe a 6 miliardi di dollari nello scorso anno: uno scenario di forte dipendenza, aggravato peraltro dalle sempre più scarse riserve di valuta estera.
Ma, qualunque sia la motivazione che si cela dietro questa decisione, la questione che solleva maggiori perplessità e che non è stata ancora chiarita, riguarda l’accesso da parte della popolazione a questi veicoli e alle infrastrutture di ricarica. Il tasso di motorizzazione dell’Etiopia è infatti fra i più bassi al mondo, con circa due automobili ogni 1000 abitanti, e la percentuale di popolazione che può permettersi un’automobile rimane ancora molto bassa, complici anche le ingenti tasse che sono applicate ai veicoli: una condizione che di certo non agevola l’acquisto di vetture che risultano di fatto più costose rispetto alle endotermiche, all’interno di un mercato che storicamente conta sull’importazione di veicoli usati. Inoltre, sebbene esistano dei programmi che puntano a raggiungere l’accesso universale all’elettricità entro il 2025 e il Paese sia in effetti in grado di produrre energia in autonomia grazie alla Grand Ethiopian Renaissance Dam, la diga costruita sul Nilo Azzurro (che ha peraltro causato gravi tensioni con i vicini Egitto e Sudan), attualmente circa la metà della popolazione non ha ancora accesso all’elettricità. Su questo tema, il Ministro ha dichiarato che sono già stati avviati i programmi per l’installazione di colonnine elettriche, ma rimane da chiedersi se questi sforzi possano essere considerati sufficienti.
Sono ancora poche le certezze su questa misura, mentre gli osservatori internazionali continuano a sollevare quesiti. Ad esempio, sono in molti chiedersi se la Cina abbia o meno un ruolo all’interno di questo quadro: il governo di Pechino ha da tempo sviluppato importanti relazioni nel continente africano, diventando il primo partner commerciale dell’Africa (inclusa nella famosa strategia di sviluppo e investimenti cinese “Belt and Road Initiative”). A questo aspetto va poi aggiunto l’impegno sempre più importante da parte del paese orientale nella produzione industriale di auto elettriche.
Insomma, sarà davvero l’Etiopia il primo Paese al mondo a dire addio ai motori endotermici?
Un impegno decisivo del governo di Addis Abeba in direzione di un futuro più sostenibile, che però impone una lettura un po’ più ampia. Innanzitutto, la principale ragione che motiva questa decisione sembra essere più di natura economica che di natura prettamente ambientale. È infatti vero che questa misura prosegue e conferma l’impegno del paese verso l’utilizzo di energie provenienti da fonti rinnovabili (nel caso dell’Etiopia, principalmente energia idroelettrica), attivo da ormai 20 anni; ma accanto a questo è il Ministro stesso a segnalare la necessità di un taglio netto alle spese di importazione di petrolio e derivati, utilizzati in larga parte per il settore dei trasporti. Una spesa che, secondo fonti etiopi, ammonterebbe a 6 miliardi di dollari nello scorso anno: uno scenario di forte dipendenza, aggravato peraltro dalle sempre più scarse riserve di valuta estera.
Ma, qualunque sia la motivazione che si cela dietro questa decisione, la questione che solleva maggiori perplessità e che non è stata ancora chiarita, riguarda l’accesso da parte della popolazione a questi veicoli e alle infrastrutture di ricarica. Il tasso di motorizzazione dell’Etiopia è infatti fra i più bassi al mondo, con circa due automobili ogni 1000 abitanti, e la percentuale di popolazione che può permettersi un’automobile rimane ancora molto bassa, complici anche le ingenti tasse che sono applicate ai veicoli: una condizione che di certo non agevola l’acquisto di vetture che risultano di fatto più costose rispetto alle endotermiche, all’interno di un mercato che storicamente conta sull’importazione di veicoli usati. Inoltre, sebbene esistano dei programmi che puntano a raggiungere l’accesso universale all’elettricità entro il 2025 e il Paese sia in effetti in grado di produrre energia in autonomia grazie alla Grand Ethiopian Renaissance Dam, la diga costruita sul Nilo Azzurro (che ha peraltro causato gravi tensioni con i vicini Egitto e Sudan), attualmente circa la metà della popolazione non ha ancora accesso all’elettricità. Su questo tema, il Ministro ha dichiarato che sono già stati avviati i programmi per l’installazione di colonnine elettriche, ma rimane da chiedersi se questi sforzi possano essere considerati sufficienti.
Sono ancora poche le certezze su questa misura, mentre gli osservatori internazionali continuano a sollevare quesiti. Ad esempio, sono in molti chiedersi se la Cina abbia o meno un ruolo all’interno di questo quadro: il governo di Pechino ha da tempo sviluppato importanti relazioni nel continente africano, diventando il primo partner commerciale dell’Africa (inclusa nella famosa strategia di sviluppo e investimenti cinese “Belt and Road Initiative”). A questo aspetto va poi aggiunto l’impegno sempre più importante da parte del paese orientale nella produzione industriale di auto elettriche.
Insomma, sarà davvero l’Etiopia il primo Paese al mondo a dire addio ai motori endotermici?