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Luglio/Agosto 2019

Autopromotec missione Cina

Dino Collazzo

La spedizione coinvolgerà un gruppo di aziende del post-vendita che parteciperanno alla fiera Auto Aftermarket Guangzhou dall'11 al 13 ottobre. 
L’industria dell’aftermarket automotive guarda sempre più verso il mercato orientale. La crescente richiesta di componenti, macchinari e attrezzature che arriva dai paesi dell’area dell’Asia-Pacifico sta spingendo molte aziende europee del settore automotive a ripensare le proprie strategie commerciali. Riuscire ad accedere all’interno di un mercato che assorbe la metà della domanda mondiale di autoveicoli (58,2 milioni nel 2018) e che ha nella Cina il suo motore economico avrebbe un doppio effetto: incrementare il business delle imprese che puntano sull’internazionalizzazione e rimettere in moto l’economia. È proprio partendo da queste valutazioni che gli organizzatori di Autopromotec, biennale internazionale delle attrezzature e dell’aftermarket automobilistico, hanno deciso di promuovere una mission nel paese del dragone con un gruppo di aziende dell’industria del post-vendita automotive.

L’occasione è la fiera di Auto Aftermarket Guangzhou, manifestazione che si terrà dall'11 al 13 ottobre prossimi nella provincia del Guangdong. Lo scopo della spedizione è favorire le relazioni economiche tra le aziende del settore e quelle dell’area asiatica. Un’occasione per approfondire la conoscenza del mercato locale e valutare la possibilità di tracciare nuove rotte commerciali. Infatti, grazie all’accordo con BolognaFiere China e il partner cinese Sinomachint, gruppo industriale e metallurgico a controllo statale, le aziende aderenti all’iniziativa avranno l’occasione di svolgere la propria attività espositiva. E allo stesso tempo di poter incontrare i buyer e i produttori che operano in una delle zone più industrializzate della Cina: la provincia del Guangdong. “Fare conoscere la propria azienda in Cina può essere una mossa vincente – commenta Renzo Servadei, amministratore delegato di Autopromotec –. La Cina è conosciuta come uno dei principali produttori di componenti e attrezzature low cost, ma è anche un mercato dove si immatricolano ogni anno 26 milioni di veicoli, pari a Europa e Stati Uniti messi insieme. Questi necessitano, per la manutenzione, di tecnologie di alto livello tipiche dei nostri espositori”.

Il mercato asiatico
Analizzando i dati relativi alla domanda mondiale di autoveicoli nel 2018 risulta che su 97 milioni di unità vendute, il 60% è stato assorbito dall’area Asia-Pacifico (58,2 milioni). Si tratta di un mercato che, a parte la recente fase di contrazione, negli ultimi dieci 10 anni, secondo un’analisi di ANFIA, ha registrato un aumento del 71% delle vendite. Il peso più rilevante è ovviamente dato dal mercato cinese che da solo assorbe circa 28 milioni di autoveicoli, di cui 23,7 milioni composto da autovetture. Numeri che, per chi opera nel campo dell’aftermarket automotive, fanno rivedere le proprie strategie d’investimento e quelle commerciali: specie per quanto riguarda l’export verso la Cina. L’economia cinese infatti, pur registrando un rallentamento dovuto alla frenata della domanda globale e alle tensioni commerciali con gli Stati Uniti, rimane comunque il più grande mercato mondiale del settore automotive. Nel 2018 il suo sistema produttivo ha registrato un tasso di crescita annuale del 6,6%. Non certo tra le migliori performance, visto che fino a poco tempo fa il paese cresceva a doppia cifra. Si tratta però solo di qualche nuvola nel cielo del “celeste impero”. I dati, pur certificando una contrazione, mostrano comunque un’economia che si espande più di quella europea, dove la crescita viaggia a ritmi bassi.

L’idea che la Cina possa diventare un mercato di sbocco per l’industria aftermarket, specie per i prodotti di fascia alta, è legata anche a una serie di cambiamenti interni: l’aumento dei redditi, la crescente urbanizzazione e la nascita di nuove tendenze ispirate al modello occidentale. Questi fattori stanno spingendo il mercato cinese verso nuovi modelli di consumo e verso una maggiore attenzione, da parte delle persone, alla qualità dei beni e dei servizi acquistabili. In questa fase di cambiamento l’industria aftermarket italiana potrebbe ritagliarsi un ruolo importante, ma servono investimenti e capacità di fare sistema. I dati Istat sull’export, relativi alle parti e accessori per autoveicoli, indicano che nel 2018 l’Italia ha esportato in Cina prodotti per un valore di 453 milioni di euro. Spiccioli se paragonati ad altri paesi europei come la Germania (4,4 miliardi), la Francia (2,4 miliardi), il Regno Unito (1,7 miliardi) e la Spagna (1,5miliardi). La seconda manifattura europea ha dunque bisogno, almeno nel campo automotive, di oliare i propri ingranaggi. E per farlo servono investimenti, un piano industriale, nuove professionalità, una riorganizzazione del mondo del lavoro e la volontà di sostenere progetti e iniziative di internazionalizzazione della filiera produttiva.   
 



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