Carburanti sintetici, un’alternativa per ridurre le emissioni in attesa dell'auto elettrica
di Dino Collazzo
Gas, diesel e benzina prodotti in laboratorio utilizzando energia rinnovabile, idrogeno e Co2. Per Giuseppe Nigliaccio, ingegnere presso il Centro ENEA di Bologna, un esempio di questi carburanti sono quelli che utilizzano la tecnologia “power to gas” per realizzare metano sintetico.
Per ridurre le emissioni in campo automotive non c’è solo la trazione elettrica. Da tempo infatti, oltre allo sviluppo di batterie sempre più compatte, leggere e in grado di ricaricarsi rapidamente, alcune case automobilistiche e diverse multinazionali della componentistica hanno iniziato la sperimentazione di combustibili sintetici. Si tratta di gas, diesel, benzina e cherosene realizzati in laboratorio tramite un complesso processo di produzione in cui vengono impiegate fonti di energia rinnovabili, idrogeno e Co2. Il risultato è un carburante più puro di quello derivante dal petrolio e dall’impatto ambientale molto più contenuto sia in fase di produzione che di utilizzo. E questo perché, grazie a un sistema a economia circolare, il carbonio derivante da processi industriali o catturato in atmosfera verrebbe “riciclato”.
Guardando agli ultimi dati Acea (European automobile manufacturers association) sul parco circolante europeo, si nota che su 252 milioni di autovetture il 55,6% ha un motore a benzina, il 41,2 % a gasolio e il 3,2% sfrutta carburanti alternativi (elettrico, gpl, metano). Numeri che, stando anche alle statistiche sul nuovo immatricolato dei primi mesi del 2018, mostrano una netta prevalenza di veicoli con propulsori che utilizzano carburanti derivati da combustibili fossili. Questa fotografia del parco circolante mostra come il passaggio verso alimentazioni meno impattanti richiederà ancora molto tempo. In attesa che ciò avvenga – serviranno investimenti su infrastrutture e incentivi per la sostituzione dei vecchi veicoli – i combustibili sintetici potrebbero costituire una valida alternativa.
“Un esempio di carburanti sintetici a basso impatto ambientale può essere rappresentato da quelli che utilizzano la tecnologia power to gas – spiega Giuseppe Nigliaccio, ingegnere presso il Centro ENEA di Bologna –. Attraverso il processo di elettrolisi dell’acqua, si produce ossigeno e idrogeno utilizzando energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. L’idrogeno così ottenuto è già un combustibile e ha emissioni locali di Co2 nulle. Utilizzando le infrastrutture esistenti, l’idrogeno può essere ulteriormente trasformato tramite dei catalizzatori o dei processi biologici in combinazione con l’anidride carbonica diventando metano sintetico o biometano. L’anidride carbonica necessaria a realizzare questo carburante può essere “riciclata” da processi industriali, da impianti per la produzione di biometano e da processi di combustione. Il risultato è un metano sintetico – o biometano – che intrappola l’atomo di carbonio sottratto all’atmosfera”. Va da sé che l’impiego di questi carburanti all’interno di un motore a combustione produce comunque delle emissioni a livello locale. Ma l’impatto sull’ambiente sarebbe decisamente più basso. E questo perché la Co2 prodotta rientrerebbe all’interno di in un ciclo di riutilizzo: in pratica ciò che viene emesso in atmosfera ritorna all’interno del combustibile
I vantaggi dettati dallo sviluppo di un simile prodotto non si limitano solo a questioni di natura ambientale, ma avrebbero anche delle ricadute in termini economici. Si pensi alla possibilità di creare vicino a un sito produttivo, in cui si hanno emissioni di Co2 localizzate, un impianto capace di catturare l’anidride carbonica e di sfruttarla per produrre del combustibile. Un business che consentirebbe lo sviluppo di una nuova industria energetica capace di sostenere la crescente domanda di energia. Non solo questa tecnologia potrebbe tornare utile anche a chi deve progettare impianti di trattamento di gas combusti. È indubbio però che a trarre maggior beneficio da un largo impiego dei combustibili sintetici sarebbero gli automobilisti. Sono loro gli utenti a cui guarda chi oggi sta sperimentando questi prodotti: cercando di trovare il modo di contenerne i costi di produzione – ancora molto alti – così da immettere sul mercato, tramite la rete distributiva già presente, carburante sintetico a costi in linea con quelli classici.
Guardando agli ultimi dati Acea (European automobile manufacturers association) sul parco circolante europeo, si nota che su 252 milioni di autovetture il 55,6% ha un motore a benzina, il 41,2 % a gasolio e il 3,2% sfrutta carburanti alternativi (elettrico, gpl, metano). Numeri che, stando anche alle statistiche sul nuovo immatricolato dei primi mesi del 2018, mostrano una netta prevalenza di veicoli con propulsori che utilizzano carburanti derivati da combustibili fossili. Questa fotografia del parco circolante mostra come il passaggio verso alimentazioni meno impattanti richiederà ancora molto tempo. In attesa che ciò avvenga – serviranno investimenti su infrastrutture e incentivi per la sostituzione dei vecchi veicoli – i combustibili sintetici potrebbero costituire una valida alternativa.
“Un esempio di carburanti sintetici a basso impatto ambientale può essere rappresentato da quelli che utilizzano la tecnologia power to gas – spiega Giuseppe Nigliaccio, ingegnere presso il Centro ENEA di Bologna –. Attraverso il processo di elettrolisi dell’acqua, si produce ossigeno e idrogeno utilizzando energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. L’idrogeno così ottenuto è già un combustibile e ha emissioni locali di Co2 nulle. Utilizzando le infrastrutture esistenti, l’idrogeno può essere ulteriormente trasformato tramite dei catalizzatori o dei processi biologici in combinazione con l’anidride carbonica diventando metano sintetico o biometano. L’anidride carbonica necessaria a realizzare questo carburante può essere “riciclata” da processi industriali, da impianti per la produzione di biometano e da processi di combustione. Il risultato è un metano sintetico – o biometano – che intrappola l’atomo di carbonio sottratto all’atmosfera”. Va da sé che l’impiego di questi carburanti all’interno di un motore a combustione produce comunque delle emissioni a livello locale. Ma l’impatto sull’ambiente sarebbe decisamente più basso. E questo perché la Co2 prodotta rientrerebbe all’interno di in un ciclo di riutilizzo: in pratica ciò che viene emesso in atmosfera ritorna all’interno del combustibile
I vantaggi dettati dallo sviluppo di un simile prodotto non si limitano solo a questioni di natura ambientale, ma avrebbero anche delle ricadute in termini economici. Si pensi alla possibilità di creare vicino a un sito produttivo, in cui si hanno emissioni di Co2 localizzate, un impianto capace di catturare l’anidride carbonica e di sfruttarla per produrre del combustibile. Un business che consentirebbe lo sviluppo di una nuova industria energetica capace di sostenere la crescente domanda di energia. Non solo questa tecnologia potrebbe tornare utile anche a chi deve progettare impianti di trattamento di gas combusti. È indubbio però che a trarre maggior beneficio da un largo impiego dei combustibili sintetici sarebbero gli automobilisti. Sono loro gli utenti a cui guarda chi oggi sta sperimentando questi prodotti: cercando di trovare il modo di contenerne i costi di produzione – ancora molto alti – così da immettere sul mercato, tramite la rete distributiva già presente, carburante sintetico a costi in linea con quelli classici.
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