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Maggio 2021

“Portare indietro le fabbriche”

Renzo Servadei

Serve una politica industriale che metta al centro la fabbricazione dei beni in Italia
Il primo segnale ce lo hanno dato le mascherine. All’inizio introvabili. Era necessario usarle ma ormai da tempo nessuno le produceva più, e quelle provenienti dall’estremo oriente a volte non avevano i requisiti necessari o erano oggetto di speculazioni. Poi i vaccini. Nonostante abbiamo una importante industria farmaceutica, dipendiamo dalle importazioni con tutto quello che ne consegue in termini di disponibilità. Qualcuno obietterà che si tratta di settori strettamente legati a un evento eccezionale che in queste dimensioni non accadeva dall’epidemia di spagnola del 1918.  Non è così. Il fatto che l’industria dei chip si sia ormai spostata nei paesi asiatici ha fatto sì che, a causa di alcuni fattori che hanno determinato un rallentamento degli approvvigionamenti, si siano addirittura dovute fermare le fabbriche di automobili. Vogliamo parlare di biciclette?

L’Italia ha una solidissima tradizione di produttori di bici e di componenti, ma anche in questo caso la dipendenza dall’estero rende praticamente introvabili le e Bike. Veniamo ora ai pneumatici. L’Italia e l’Europa sono state fucine di tecnologia, ricerca sui materiali, sui macchinari con aziende che hanno insegnato a fare le gomme a tanti paesi in tutto il mondo. Chi conserva le collezioni dei vecchi Pneurama sa di cosa parliamo. Oggi questi volumi produttivi si stanno sempre più riducendo. Certo nessuno può pensare a ergere muri contro la globalizzazione, è giusto che i capitali si indirizzino verso quelle zone dove l’investimento risulta più profittevole. Ma in queste valutazioni ricade anche la politica industriale messa in campo dai governi, dalle regioni, insieme ai centri di formazione e alle organizzazioni sindacali. L’Italia è ancora il secondo paese manifatturiero d’Europa dopo la Germania. In alcuni settori ad altissima tecnologia e altissima visibilità siamo leader indiscussi, si pensi per esempio alle auto o alle moto supersportive. Anche in settori più piccoli ma vicino alla categoria come le attrezzature per l’assistenza dei pneumatici l’Italia fa la parte del leone con aziende nazionali e prestigiose realtà estere che producono in Italia. Probabilmente, in momenti di transizione ecologia e di Green Deal che certamente richiederà forti investimenti in ricerca e sviluppo l’Italia o quantomeno l’Europa dovrebbe favorire il mantenimento in loco di quella capacità produttiva, di ricerca e saperi che, con un po’ di supporto potrebbero generare occupazione vera, prospettive future e metterci al riparo da scelte fatte da altri. E come dice il saggio maestro Joda della saga di Guerre Stellari: “C’è fare e non fare, non c’è provare”.





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