La commissione europea mette in campo la sua strategia per una mobilità sostenibile
Massimo Brunamonti
In questa visione di "green mobility" un ruolo importante sarà svolto anche dagli autoriparatori sul tema delle revisioni
“Per raggiungere i nostri obiettivi sul clima, le emissioni generate dal settore dei trasporti devono avviarsi verso una chiara tendenza al ribasso” ha dichiarato il Vicepresidente Frans Timmermans nel presentare il piano strategico pluriennale della Commissione Europea per la mobilità capace di contribuire al “Green Deal” europeo che punta alla riduzione del 90% delle emissioni entro il 2050. Adina Vălean, Commissaria ai Trasporti, ha aggiunto che “come una spina dorsale che connette i cittadini e le imprese europee, i trasporti sono importanti per tutti noi. Non abbiamo tempo da perdere per renderli adeguati al futuro”. L’obiettivo della Commissione è quello di definire un percorso per investimenti “green” tale da creare una via irreversibile verso una mobilità a zero emissioni.
Il piano strategico, definito da suoi autori come una “trasformazione fondamentale dei trasporti” articolato su obiettivi temporali intermedi, si basa su sostenibilità, intelligenza e resilienza, individuando alcuni punti chiave irrinunciabili. Primo fra tutti, mezzi di trasporto e infrastrutture sostenibili ottenuti sia grazie a nuove tecnologie e motorizzazioni che mediante modulazione dei costi di esercizio. Poi le novità “digitali”, quali l’auto connessa e l’intelligenza artificiale, che giocheranno un ruolo vitale per la mobilità intelligente e intermodale. Infine il rafforzamento del mercato unico che, insieme a trasporti più economici e sicuri, genererà un ecosistema più resiliente.
Si potrebbe pensare che il momento non potrebbe essere peggiore a causa del dilagare del coronavirus che rende tutti noi attenti al problema immediato di salute piuttosto che al futuro della nostra società. Ma, come al solito, è nelle crisi che si presentano le opportunità per le grandi iniziative; se le dichiarazioni possono sembrare un pò roboanti e ambiziose, la materia è sicuramente epocale e l’Unione Europea sembra compatta intorno ad un progetto capace di ricapitolare e armonizzare uno spettro di attività che fino ad oggi avevano valenza specifica. Un esempio per tutti: Euro 7, nato come logica continuazione del percorso iniziato negli anni 90, può diventare oggi uno dei pilastri per la mobilità sostenibile. Un discorso analogo si potrebbe fare per le revisioni che potrebbero anch’esse contribuire in maniera organica ad una nuova mobilità sostenibile. Il documento di lavoro della UE infatti cita tra i suoi capisaldi una migliorata sicurezza stradale; non ci scordiamo infatti che la UE si è anche posta già da tempo l’ambizioso piano “Vision Zero” che punta a zero mortalità sulle strade entro il 2050. Le due iniziative diventerebbero così collegate e concorrenti a raggiungere i due obiettivi. Sulle revisioni però stiamo assistendo ad una stasi poco comprensibile anche se non imprevedibile. La Direttiva 2014/45, madre di tutte le norme in materia, è istruita agli obiettivi primari di armonizzazione e reciproco riconoscimento delle revisioni nella UE da attuarsi compiutamente entro il primo gennaio 2023. Essa è sì abbastanza recente, ma nei fatti è ancorata a tecniche ormai datate; chiunque del ramo ha ben chiaro che ormai non sono più solo i freni o i fari che fanno la sicurezza di guida; un’auto a guida assistita o autonoma necessita di un “assistente” o un “automa” correttamente funzionante e affidabile. Ma tale affidabilità andrebbe verificata periodicamente mediante test dei sistemi elettronici di bordo la cui tecnologia è già nota e applicabile. Ci aspetteremmo dalla Commissione una spinta verso l’adozione di questi nuovi test, da aggiungere alle revisioni man mano che gli ADAS diventano obbligatori. Già oggi siamo in situazione di inadeguatezza; se esitiamo ancora nel 2023, a Direttiva completamente applicata, ci troveremo impreparati per adeguare le revisioni alla tecnologia auto.
Un’ultima considerazione la merita l’intera filiera dell’autoriparazione vitale per la funzionalità della “spina dorsale” di cui parla la Commissaria Vălean. E’ facile prevedere la necessità di un possente aggiornamento tecnologico, ma il settore ha già dimostrato ripetutamente la propria propensione a questo. Quello che è forse nuovo è il cambiamento della domanda e questo sarà meno facile da gestire. Difficile pensare che il cliente in futuro continuerà a rivolgersi al proprio servizio di fiducia semplicemente per cambiare i freni o l’olio; più presumibilmente il cliente, chiunque egli/ella sia, avrà bisogno che l’autoriparatore gli assicuri che il suo mezzo di trasporto non si fermerà. Il costo del fermo sta assumendo dimensioni sempre maggiori per tutte le categorie di utenti e questo influenzerà il business del settore in maniera decisiva. In analogia con il trasporto aereo, si va verso quello che si chiama manutenzione preventiva che, oltre a migliorare la soddisfazione del consumatore, costituisce insieme alle revisioni la migliore polizza per la sicurezza e la sostenibilità della mobilità.
Il piano strategico, definito da suoi autori come una “trasformazione fondamentale dei trasporti” articolato su obiettivi temporali intermedi, si basa su sostenibilità, intelligenza e resilienza, individuando alcuni punti chiave irrinunciabili. Primo fra tutti, mezzi di trasporto e infrastrutture sostenibili ottenuti sia grazie a nuove tecnologie e motorizzazioni che mediante modulazione dei costi di esercizio. Poi le novità “digitali”, quali l’auto connessa e l’intelligenza artificiale, che giocheranno un ruolo vitale per la mobilità intelligente e intermodale. Infine il rafforzamento del mercato unico che, insieme a trasporti più economici e sicuri, genererà un ecosistema più resiliente.
Si potrebbe pensare che il momento non potrebbe essere peggiore a causa del dilagare del coronavirus che rende tutti noi attenti al problema immediato di salute piuttosto che al futuro della nostra società. Ma, come al solito, è nelle crisi che si presentano le opportunità per le grandi iniziative; se le dichiarazioni possono sembrare un pò roboanti e ambiziose, la materia è sicuramente epocale e l’Unione Europea sembra compatta intorno ad un progetto capace di ricapitolare e armonizzare uno spettro di attività che fino ad oggi avevano valenza specifica. Un esempio per tutti: Euro 7, nato come logica continuazione del percorso iniziato negli anni 90, può diventare oggi uno dei pilastri per la mobilità sostenibile. Un discorso analogo si potrebbe fare per le revisioni che potrebbero anch’esse contribuire in maniera organica ad una nuova mobilità sostenibile. Il documento di lavoro della UE infatti cita tra i suoi capisaldi una migliorata sicurezza stradale; non ci scordiamo infatti che la UE si è anche posta già da tempo l’ambizioso piano “Vision Zero” che punta a zero mortalità sulle strade entro il 2050. Le due iniziative diventerebbero così collegate e concorrenti a raggiungere i due obiettivi. Sulle revisioni però stiamo assistendo ad una stasi poco comprensibile anche se non imprevedibile. La Direttiva 2014/45, madre di tutte le norme in materia, è istruita agli obiettivi primari di armonizzazione e reciproco riconoscimento delle revisioni nella UE da attuarsi compiutamente entro il primo gennaio 2023. Essa è sì abbastanza recente, ma nei fatti è ancorata a tecniche ormai datate; chiunque del ramo ha ben chiaro che ormai non sono più solo i freni o i fari che fanno la sicurezza di guida; un’auto a guida assistita o autonoma necessita di un “assistente” o un “automa” correttamente funzionante e affidabile. Ma tale affidabilità andrebbe verificata periodicamente mediante test dei sistemi elettronici di bordo la cui tecnologia è già nota e applicabile. Ci aspetteremmo dalla Commissione una spinta verso l’adozione di questi nuovi test, da aggiungere alle revisioni man mano che gli ADAS diventano obbligatori. Già oggi siamo in situazione di inadeguatezza; se esitiamo ancora nel 2023, a Direttiva completamente applicata, ci troveremo impreparati per adeguare le revisioni alla tecnologia auto.
Un’ultima considerazione la merita l’intera filiera dell’autoriparazione vitale per la funzionalità della “spina dorsale” di cui parla la Commissaria Vălean. E’ facile prevedere la necessità di un possente aggiornamento tecnologico, ma il settore ha già dimostrato ripetutamente la propria propensione a questo. Quello che è forse nuovo è il cambiamento della domanda e questo sarà meno facile da gestire. Difficile pensare che il cliente in futuro continuerà a rivolgersi al proprio servizio di fiducia semplicemente per cambiare i freni o l’olio; più presumibilmente il cliente, chiunque egli/ella sia, avrà bisogno che l’autoriparatore gli assicuri che il suo mezzo di trasporto non si fermerà. Il costo del fermo sta assumendo dimensioni sempre maggiori per tutte le categorie di utenti e questo influenzerà il business del settore in maniera decisiva. In analogia con il trasporto aereo, si va verso quello che si chiama manutenzione preventiva che, oltre a migliorare la soddisfazione del consumatore, costituisce insieme alle revisioni la migliore polizza per la sicurezza e la sostenibilità della mobilità.