Auto connesse, incognite e opportunità della rivoluzione smart
di Dino Collazzo
Si guiderà da sola, sarà connessa al web e potrà dialogare con persone, oggetti e infrastrutture che la circondano. Le auto connesse cambieranno il mercato dell’automotive e dell’aftermarket. Una sfida per case automobilistiche, OEM tradizionali e aziende hi-tech che in cui un ruolo importante lo giocherà l’aspetto “cyber security”.
L’avvento di auto intelligenti e a guida autonoma è sempre meno fantasia e più realtà. E se oggi cominciano a circolare per le strade i primi modelli di «conneted car», che permettono di accedere a internet mentre si viaggia sfruttando tool e app istallati al loro interno, il passo successivo è la connettività con tutto ciò che scorre fuori dal finestrino della macchina. In una logica che vede autostrade dotate di wi-fi e coperte dal segnale 5G, semafori capaci di dialogare con gli automobilisti avvisandoli di ingorghi e sistemi che segnalano infrazioni e pericoli. L’immagine di un mondo smart non è poi così lontano. Nell’intenzione dell’Unione europea, da qualche tempo, si pensa di dare vita a un progetto sulla mobilità che sfruttando la connettività sia in grado di mettere in rete infrastrutture e mezzi di trasporto. L’obiettivo è arrivare a realizzare il tutto entro il 2019. Una rivoluzione che coinvolge non solo i costruttori tradizionali ma anche altri settori industriali. Infatti, nell’automotive da qualche tempo hanno iniziato a fare il loro ingresso aziende del settore hi-tech che offrono alle case automobilistiche software e servizi all’avanguardia da installare sulle automobili.
Come spesso accade però ogni novità porta con sé una serie d’incognite. E nel caso dei veicoli connessi e a guida autonoma i punti controversi, di cui si è discusso anche al Motor show 2016, riguardano la cyber security, la responsabilità in ambito assicurativo e la conoscenza e fruibilità di queste auto da parte dei driver. Secondo una ricerca realizzata da Tns e The bearing point institute, in sette paesi europei, per sei proprietari su dieci di macchine connesse la possibilità di navigare su internet, di fare acquisti in rete, l’infotainment e l’assistenza alla guida rappresentano un elemento distintivo molto forte nella scelta dell’automobile tanto da influenzarne l’acquisto. Se è vero che nel 2021 otto veicoli su dieci saranno connessi, è altrettanto vero però che i consumatori non sono ancora veramente consapevoli di quali possano essere le potenzialità che una macchina di questo tipo può offrire. Infatti, solo quattro driver su dieci (il 39%) sanno di possedere queste funzionalità nel proprio veicolo. Riuscire a rendere questi gadget e software, installati sulle auto, più intuitivi, accessibili e a prova di cyber security è la sfida che attende l’industria dell’automotive e dell’aftermarket. Si tratta in pratica di compiere ciò che il mondo della telefonia ha fatto con gli smartphone, trasformandoli da semplici cellulari in oggetti connessi in rete, versatili e multiuso.
Costruire l’automobile completamente interconnessa e autonoma è un’impresa complessa. A fianco di produttori e OEM (original equipment manufacturer) tradizionali del settore, da qualche tempo hanno iniziato a concorrere anche colossi dell’informatica come Google, Apple e Samsung – è di poche settimane fa l’acquisizione di Harman da parte della compagnia coreana – e start-up del settore hi-tech. La loro presenza ha portato a un doppio risultato: da un lato ha incremento la ricerca verso soluzioni innovativi da installare a bordo delle macchine, dall’altro ha spinto le case automobilistiche e i loro fornitori ad accelerare la loro capacità di trasformazione tecnologica, considerata ancora troppo lenta per stare al passo con i tempi. Le innovazioni in questione si riferiscono alla capacità di realizzare veicoli in grado di dialogare direttamente con gli oggetti circostanti come le infrastrutture, gli altri veicoli e le persone. Oppure di riuscire a elaborare e inviare dati, su eventuali guasti o malfunzionamenti, all’officina che interverrà da remoto per ripararli.
Queste novità unite a una mobilità sempre più sharing, con i cosiddetti millennials propensi a condividere piuttosto che a comprare un’auto, influiranno anche sui ricavi delle imprese dell’automotive. Secondo un’analisi realizzata da Strategy&, gruppo di consulenza di PwC, tra il 2017 e 2022 si avrà una crescita differente del settore tra i mercati emergenti e quelli occidentali. Nel primo caso la domanda di automobili tenderà a salire, nel secondo invece resterà piatta o leggermente in diminuzione. Con il tempo si assisterà, a livello globale, comunque a una flessione dei profitti generati dalla vendita di nuove auto a cui corrisponderà un aumento di quelli legati alla manutenzione. Questo grazie alla presenza di software e componenti più sofisticati nelle automobili in grado di poter essere aggiornati da remoto. Come i pacchetti auto collegate, una serie di funzionalità che attengono ai sistemi automatici di frenata, alla manutenzione a distanza, all’advanced driver assistance systems (Adas), all’interfaccia uomo-macchina (Hmi), l’infotainment, l’accesso a internet, gli acquisti su e-commerce. Servizi che oggi vengono offerti una tantum ma che in futuro potrebbero essere corrisposti in abbonamento, come sistemi aftermarket o resi disponibile tramite applicazioni per smartphone.
Come spesso accade però ogni novità porta con sé una serie d’incognite. E nel caso dei veicoli connessi e a guida autonoma i punti controversi, di cui si è discusso anche al Motor show 2016, riguardano la cyber security, la responsabilità in ambito assicurativo e la conoscenza e fruibilità di queste auto da parte dei driver. Secondo una ricerca realizzata da Tns e The bearing point institute, in sette paesi europei, per sei proprietari su dieci di macchine connesse la possibilità di navigare su internet, di fare acquisti in rete, l’infotainment e l’assistenza alla guida rappresentano un elemento distintivo molto forte nella scelta dell’automobile tanto da influenzarne l’acquisto. Se è vero che nel 2021 otto veicoli su dieci saranno connessi, è altrettanto vero però che i consumatori non sono ancora veramente consapevoli di quali possano essere le potenzialità che una macchina di questo tipo può offrire. Infatti, solo quattro driver su dieci (il 39%) sanno di possedere queste funzionalità nel proprio veicolo. Riuscire a rendere questi gadget e software, installati sulle auto, più intuitivi, accessibili e a prova di cyber security è la sfida che attende l’industria dell’automotive e dell’aftermarket. Si tratta in pratica di compiere ciò che il mondo della telefonia ha fatto con gli smartphone, trasformandoli da semplici cellulari in oggetti connessi in rete, versatili e multiuso.
Costruire l’automobile completamente interconnessa e autonoma è un’impresa complessa. A fianco di produttori e OEM (original equipment manufacturer) tradizionali del settore, da qualche tempo hanno iniziato a concorrere anche colossi dell’informatica come Google, Apple e Samsung – è di poche settimane fa l’acquisizione di Harman da parte della compagnia coreana – e start-up del settore hi-tech. La loro presenza ha portato a un doppio risultato: da un lato ha incremento la ricerca verso soluzioni innovativi da installare a bordo delle macchine, dall’altro ha spinto le case automobilistiche e i loro fornitori ad accelerare la loro capacità di trasformazione tecnologica, considerata ancora troppo lenta per stare al passo con i tempi. Le innovazioni in questione si riferiscono alla capacità di realizzare veicoli in grado di dialogare direttamente con gli oggetti circostanti come le infrastrutture, gli altri veicoli e le persone. Oppure di riuscire a elaborare e inviare dati, su eventuali guasti o malfunzionamenti, all’officina che interverrà da remoto per ripararli.
Queste novità unite a una mobilità sempre più sharing, con i cosiddetti millennials propensi a condividere piuttosto che a comprare un’auto, influiranno anche sui ricavi delle imprese dell’automotive. Secondo un’analisi realizzata da Strategy&, gruppo di consulenza di PwC, tra il 2017 e 2022 si avrà una crescita differente del settore tra i mercati emergenti e quelli occidentali. Nel primo caso la domanda di automobili tenderà a salire, nel secondo invece resterà piatta o leggermente in diminuzione. Con il tempo si assisterà, a livello globale, comunque a una flessione dei profitti generati dalla vendita di nuove auto a cui corrisponderà un aumento di quelli legati alla manutenzione. Questo grazie alla presenza di software e componenti più sofisticati nelle automobili in grado di poter essere aggiornati da remoto. Come i pacchetti auto collegate, una serie di funzionalità che attengono ai sistemi automatici di frenata, alla manutenzione a distanza, all’advanced driver assistance systems (Adas), all’interfaccia uomo-macchina (Hmi), l’infotainment, l’accesso a internet, gli acquisti su e-commerce. Servizi che oggi vengono offerti una tantum ma che in futuro potrebbero essere corrisposti in abbonamento, come sistemi aftermarket o resi disponibile tramite applicazioni per smartphone.