Brexit senza regole? Una sciagura da evitare
Paolo Castiglia
L’automotive compatto chiede una soluzione che eviti il blocco del commercio col Regno Unito
Un dramma la Brexit senza regole? Sembra proprio che lo sarebbe per il settore automotive. Mancano pochi mesi alla fine del periodo di transizione della Brexit, ossia dall’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, e l’industria automotive del continente lancia un appello per chiedere che proprio Gran Bretagna e Unione europea si assicurino al più presto un accordo di libero scambio. Senza questo accordo infatti, al 31 dicembre, entrambe le parti sarebbero di fatto costrette a commerciare secondo le cosiddette “regole non preferenziali” dell’Organizzazione mondiale del commercio, che prevedono, ad esempio, un dazio del 10% sulle auto e fino al 22% su veicoli commerciali leggeri e autocarri. Di conseguenza il settore potrebbe subire pesanti ripercussioni.
Infatti, l’economia e i posti di lavoro al di là e al di qua della Manica rischiano un secondo devastante colpo, derivante dall’assenza di un accordo, che andrebbe ad aggiungersi ai circa 100 miliardi di euro di valore della produzione persi finora, quest'anno, a causa della crisi dovuta al coronavirus in un settore che, non va dimenticato, garantisce occupazione a 14,6 milioni di persone e rappresenta un posto di lavoro su 15 sia nell’Unione europa che nel Regno Unito. Sono scese quindi in campo tutte le principali associazioni che danno voce ai costruttori di autoveicoli e di componenti dell’Unione europea: Acea (Associazione europea dei costruttori di autoveicoli) e Clepa (Associazione europea della componentistica automotive), insieme a 21 associazioni nazionali comprese l’associazione inglese dell’automotive (Smmt), l’associazione dell’industria automotive tedesca (Vda), il comitato dei costruttori di auto francese (Ccfa) e la Plateforme automobile francese (Pfa). Associazioni che avvertono: “I negoziatori di entrambe le parti devono ora fare tutto il possibile per evitare un’uscita senza accordo al termine della transizione, che, secondo gli ultimi calcoli, costerebbe al settore pan-europeo dell’automotive qualcosa come 110 miliardi di Euro di perdite a livello commerciale nei prossimi cinque anni, mettendo a rischio un gran numero di posti di lavoro”.
In assenza di accordo, le tariffe doganali - molto più alte dei ridotti margini della maggior parte dei produttori – “dovrebbero quasi certamente essere trasferite sui consumatori – affermano i costruttori – rendendo i veicoli più costosi, riducendo le possibilità di scelta e incidendo sulla domanda. Inoltre, anche i fornitori automotive e i loro prodotti saranno colpiti da queste tariffe che renderanno la produzione più costosa oppure porteranno ad un aumento delle importazioni di componenti da altri Paesi competitivi”.
Passando al mercato nazionale, invece, i mesi estivi hanno riportato un po’ di serenità nel comparto del trasporto, in particolare nel mercato dei veicoli commerciali. Dopo la ripresa delle attività in giugno, mese che aveva contenuto la flessione al 6,1%, le stime elaborate e diffuse dal Centro studi e statistiche Unrae indicano che nel mese di luglio gli autocarri fino a 3,5t tornano al segno positivo con un +15,1% e 17.600 unità immatricolate rispetto alle 15.297 dello stesso mese 2019.
In agosto l’incremento è stato del 2,2%, con 9.620 immatricolazioni contro 9.411 dello stesso periodo dello scorso anno, quando già si evidenziava una buona dinamicità del mercato. Dopo il crollo del 36% del primo semestre, nei primi 8 mesi dell’anno la flessione rimane pesante: -26,6% con una perdita di oltre 32.200 veicoli con 88.911 unità rispetto alle 121.143 del gennaio-agosto 2019. E poi parliamo di sostegni diretti all’economia del settore. Con un progetto che intende dare una mano alle aziende del settore in difficoltà, grazie all’erogazione di contributi a quelle imprese che – nel periodo di emergenza sanitaria, e anche nella fase di totale chiusura di tutte le attività produttive – hanno assicurato le forniture e gli approvvigionamenti necessari per corrispondere ai bisogni essenziali della collettività garantendo che le attività lavorative fossero svolte in assoluta sicurezza. È questo l’obiettivo di “Autotrasporto Sicura”, il bando pubblicato dall’Albo nazionale degli autotrasportatori, che definisce i criteri e le modalità di accesso e di riconoscimento del contributo alle imprese per le spese sostenute per la sanificazione dei luoghi di lavoro e dei veicoli, l’acquisto di dispositivi e degli strumenti di protezione individuale ai fini della prevenzione dei rischi connessi alla diffusione epidemiologica da Covid-19.
Infatti, l’economia e i posti di lavoro al di là e al di qua della Manica rischiano un secondo devastante colpo, derivante dall’assenza di un accordo, che andrebbe ad aggiungersi ai circa 100 miliardi di euro di valore della produzione persi finora, quest'anno, a causa della crisi dovuta al coronavirus in un settore che, non va dimenticato, garantisce occupazione a 14,6 milioni di persone e rappresenta un posto di lavoro su 15 sia nell’Unione europa che nel Regno Unito. Sono scese quindi in campo tutte le principali associazioni che danno voce ai costruttori di autoveicoli e di componenti dell’Unione europea: Acea (Associazione europea dei costruttori di autoveicoli) e Clepa (Associazione europea della componentistica automotive), insieme a 21 associazioni nazionali comprese l’associazione inglese dell’automotive (Smmt), l’associazione dell’industria automotive tedesca (Vda), il comitato dei costruttori di auto francese (Ccfa) e la Plateforme automobile francese (Pfa). Associazioni che avvertono: “I negoziatori di entrambe le parti devono ora fare tutto il possibile per evitare un’uscita senza accordo al termine della transizione, che, secondo gli ultimi calcoli, costerebbe al settore pan-europeo dell’automotive qualcosa come 110 miliardi di Euro di perdite a livello commerciale nei prossimi cinque anni, mettendo a rischio un gran numero di posti di lavoro”.
In assenza di accordo, le tariffe doganali - molto più alte dei ridotti margini della maggior parte dei produttori – “dovrebbero quasi certamente essere trasferite sui consumatori – affermano i costruttori – rendendo i veicoli più costosi, riducendo le possibilità di scelta e incidendo sulla domanda. Inoltre, anche i fornitori automotive e i loro prodotti saranno colpiti da queste tariffe che renderanno la produzione più costosa oppure porteranno ad un aumento delle importazioni di componenti da altri Paesi competitivi”.
Passando al mercato nazionale, invece, i mesi estivi hanno riportato un po’ di serenità nel comparto del trasporto, in particolare nel mercato dei veicoli commerciali. Dopo la ripresa delle attività in giugno, mese che aveva contenuto la flessione al 6,1%, le stime elaborate e diffuse dal Centro studi e statistiche Unrae indicano che nel mese di luglio gli autocarri fino a 3,5t tornano al segno positivo con un +15,1% e 17.600 unità immatricolate rispetto alle 15.297 dello stesso mese 2019.
In agosto l’incremento è stato del 2,2%, con 9.620 immatricolazioni contro 9.411 dello stesso periodo dello scorso anno, quando già si evidenziava una buona dinamicità del mercato. Dopo il crollo del 36% del primo semestre, nei primi 8 mesi dell’anno la flessione rimane pesante: -26,6% con una perdita di oltre 32.200 veicoli con 88.911 unità rispetto alle 121.143 del gennaio-agosto 2019. E poi parliamo di sostegni diretti all’economia del settore. Con un progetto che intende dare una mano alle aziende del settore in difficoltà, grazie all’erogazione di contributi a quelle imprese che – nel periodo di emergenza sanitaria, e anche nella fase di totale chiusura di tutte le attività produttive – hanno assicurato le forniture e gli approvvigionamenti necessari per corrispondere ai bisogni essenziali della collettività garantendo che le attività lavorative fossero svolte in assoluta sicurezza. È questo l’obiettivo di “Autotrasporto Sicura”, il bando pubblicato dall’Albo nazionale degli autotrasportatori, che definisce i criteri e le modalità di accesso e di riconoscimento del contributo alle imprese per le spese sostenute per la sanificazione dei luoghi di lavoro e dei veicoli, l’acquisto di dispositivi e degli strumenti di protezione individuale ai fini della prevenzione dei rischi connessi alla diffusione epidemiologica da Covid-19.