La filiera italiana dell'automotive tra transizione ecologica e competitività
Redazione Autopromotec
L’UE deve considerare il principio della neutralità tecnologica per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni: l’elettrico è una delle opzioni ma non l’unica soluzione
Si è tenuto l’11 luglio presso CUOA Business School l’incontro promosso da Federmeccanica e ANFIA, con il patrocinio di Confindustria Veneto, su "La filiera Italiana dell’Automotive tra transizione e competitività", in cui sono stati presentati due studi che hanno inquadrato rischi e opportunità del futuro del settore automotive in Italia in correlazione a quanto sta accadendo in particolare tra Europa e Cina, con il Green Deal e l’introduzione dei dazi aggiuntivi all’importazione delle auto elettriche dal Paese asiatico.
Il primo, “Piano per la competitività del settore automotive italiano” è stato curato da ANFIA e AlixPartners, mentre il secondo “L’automotive verso la sostenibilità ambientale” da Corrado La Forgia (Vicepresidente Federmeccanica - General Manager VHIT-WEIFU) e Luca Beltrametti (Università di Genova).
Lo studio ANFIA – AlixPartners si concentra su due obiettivi principali. Il primo è analizzare ed identificare in maniera puntuale i gap di competitività tra il sistema produttivo automotive italiano e quello di altri Paesi europei come Francia, Germania, Spagna e Paesi dell'Est – in particolare sulle maggiori voci di costo per le imprese, ovvero energia, lavoro e logistica – per poi elaborare una serie di proposte di politica industriale che il Governo dovrà mettere in campo nel breve e nel medio e lungo periodo per cercare di colmare queste differenze, in modo che si creino le condizioni per arrivare a produrre in Italia, nel 2028-2030, almeno 1 milione di autoveicoli, coinvolgendo in misura crescente il sistema della componentistica italiana e mantenendo e sviluppando le competenze in ricerca e sviluppo sul territorio.
Il secondo obiettivo è analizzare l’impatto sul fatturato e sulla forza lavoro della filiera della componentistica italiana della transizione ecologica e, nello specifico, degli obblighi regolamentari imposti dall’UE e orientati all’elettrificazione del settore dell’auto.
Lo studio di La Forgia e Beltrametti ha evidenziato una crescita clamorosa del peso dei produttori cinesi a discapito dei produttori occidentali. Questa tendenza si associa ai radicali cambiamenti tecnologici in atto, imposti anche dalle normative europee, che hanno permesso alla Cina di contendere la leadership tecnologica nella produzione di veicoli elettrici. Questo è avvenuto anche grazie alle intelligenti politiche di sostegno alla domanda di auto elettriche fatte dal governo cinese che hanno favorito una continua innovazione tecnologica innalzando il livello di performance dei veicoli e riducendone al contempo i costi di produzione. Ciò, associato alla disponibilità di materie prime, di enormi economie di scala e di competenze professionali, ha permesso un “sorpasso” rispetto ai leader tradizionali occidentali. Lo studio avanza anche alcune considerazioni e proposte nella prospettiva di una valorizzazione delle filiere italiane di fornitura all’interno delle catene globali del valore: collaborazioni con i nuovi players indicando nella creatività italiana la chiave per passare dal “Made in Italy” a “Invented and Made in Italy” a difesa della profittabilità delle imprese e anche dei salari; la necessaria crescita dimensionale delle imprese; l’adozione dei principi di neutralità tecnologica e di revisione di alcuni aspetti sostanziali delle politiche europee relative alla transizione green.
Il primo, “Piano per la competitività del settore automotive italiano” è stato curato da ANFIA e AlixPartners, mentre il secondo “L’automotive verso la sostenibilità ambientale” da Corrado La Forgia (Vicepresidente Federmeccanica - General Manager VHIT-WEIFU) e Luca Beltrametti (Università di Genova).
Lo studio ANFIA – AlixPartners si concentra su due obiettivi principali. Il primo è analizzare ed identificare in maniera puntuale i gap di competitività tra il sistema produttivo automotive italiano e quello di altri Paesi europei come Francia, Germania, Spagna e Paesi dell'Est – in particolare sulle maggiori voci di costo per le imprese, ovvero energia, lavoro e logistica – per poi elaborare una serie di proposte di politica industriale che il Governo dovrà mettere in campo nel breve e nel medio e lungo periodo per cercare di colmare queste differenze, in modo che si creino le condizioni per arrivare a produrre in Italia, nel 2028-2030, almeno 1 milione di autoveicoli, coinvolgendo in misura crescente il sistema della componentistica italiana e mantenendo e sviluppando le competenze in ricerca e sviluppo sul territorio.
Il secondo obiettivo è analizzare l’impatto sul fatturato e sulla forza lavoro della filiera della componentistica italiana della transizione ecologica e, nello specifico, degli obblighi regolamentari imposti dall’UE e orientati all’elettrificazione del settore dell’auto.
Lo studio di La Forgia e Beltrametti ha evidenziato una crescita clamorosa del peso dei produttori cinesi a discapito dei produttori occidentali. Questa tendenza si associa ai radicali cambiamenti tecnologici in atto, imposti anche dalle normative europee, che hanno permesso alla Cina di contendere la leadership tecnologica nella produzione di veicoli elettrici. Questo è avvenuto anche grazie alle intelligenti politiche di sostegno alla domanda di auto elettriche fatte dal governo cinese che hanno favorito una continua innovazione tecnologica innalzando il livello di performance dei veicoli e riducendone al contempo i costi di produzione. Ciò, associato alla disponibilità di materie prime, di enormi economie di scala e di competenze professionali, ha permesso un “sorpasso” rispetto ai leader tradizionali occidentali. Lo studio avanza anche alcune considerazioni e proposte nella prospettiva di una valorizzazione delle filiere italiane di fornitura all’interno delle catene globali del valore: collaborazioni con i nuovi players indicando nella creatività italiana la chiave per passare dal “Made in Italy” a “Invented and Made in Italy” a difesa della profittabilità delle imprese e anche dei salari; la necessaria crescita dimensionale delle imprese; l’adozione dei principi di neutralità tecnologica e di revisione di alcuni aspetti sostanziali delle politiche europee relative alla transizione green.