Dare una seconda vita agli aerei? Ci pensa la startup che arriva da Singapore
Francesca Del Bello
Nandina REM si occupa della rigenerazione dei materiali dell’industria aerea, con importanti benefici anche per l’automotive. Ma non è l’unica ad occuparsi del riciclo degli aerei dismessi
Un portale aperto sul futuro, distribuito su una superficie di appena 733 chilometri quadrati: è il caso di Singapore, città-Stato del sudest asiatico che ha scelto di utilizzare la tecnologia come un “motore fondamentale per l’economia e la società”. L’isola ha infatti avviato a livello governativo un sofisticato piano strategico di digitalizzazione volto a trasformare la città-Stato in una “Smart Nation”, investendo ingenti capitali in infrastrutture ma anche – e soprattutto - sulle tecnologie al servizio di cittadini, imprese, attività commerciali. Una nazione che ha saputo affermarsi come hub strategico, finanziario, commerciale e logistico (il suo porto è uno dei più importanti scali commerciali al mondo), trasformandosi nell’economia più avanzata della regione, non poteva che diventare un ecosistema florido per lo sviluppo delle startup, grazie anche ad una solida rete di venture capital, multinazionali ed acceleratori.
Ed è proprio in questo contesto che nasce Nandina REM, una startup che ha come obiettivo quello di riconfigurare la catena di fornitura industriale favorendo la circolarità di materiali provenienti da aeromobili e turbine, che spesso hanno una gestione complessa del fine-vita. “Attualmente, ci sono più di 8.000 velivoli dismessi in giro per il mondo, a cui se ne aggiungeranno altri 15.000 nei prossimi 10 anni” spiega Carina Kady, CEO di Nandina REM: riconvertire questi materiali altamente ingegnerizzati (si tratta di fibre composite che spesso rappresentano lo stadio più avanzato dell’ingegneria dei materiali) è un processo impegnativo, “ma dove c’è una sfida, esiste un’opportunità”, le fa eco Jonathan Low, Coordinating Director di Ricerca e Sviluppo di A*STAR, agenzia governativa singaporiana partner strategico della startup. Le ricerche e le sperimentazioni di Nandina REM si concentrano soprattutto sui pannelli di alluminio e le fibre di carbonio, materiali comuni alla progettazione industriale sia del settore dell’aviazione che di quello automotive, settori in cui la startup punta a reinserire i materiali recuperati. L’alluminio e le altre leghe estratte dai velivoli dimessi, in particolare, possono essere reimpiegate per la produzione degli involucri per le batterie dei veicoli elettrici, attraverso una procedura di trasformazione che dura circa due mesi (oltre ai 30 giorni impiegati per lo smantellamento dell’aereo). “Uno dei motivi per cui gli involucri sono così importanti è che garantire materiali secondari di alta qualità è una sfida fondamentale per il mercato dei veicoli elettrici”, spiega ancora Kady in un’intervista rilasciata a Bloomberg: “se si considerano tutti gli aerei che verranno ritirati da qui al 2030-2035, si potrebbero produrre oltre 50 milioni di involucri per batterie per veicoli elettrici” evitando così “la costruzione di circa 12 miniere di bauxite, con una capacità di circa 1 milione di tonnellate l'anno”, conclude Kady. Ma i pannelli di alluminio non sono gli unici materiali a poter essere reimpiegati nel settore automotive: i materiali plastici dei velivoli, molto resistenti e di alta qualità, possono infatti essere utilizzati per i paraurti o per altri componenti delle automobili.
Un tema, quello del riciclo degli aerei dismessi, che interessa anche l’Unione Europea: il progetto Compass, lanciato nell’ambito del programma Horizon Europe e approvato dalla Commissione Europea, prevede infatti lo stanziamento di 6 milioni di euro per lo sviluppo di strumenti e nuove tecnologie che garantiscano una seconda vita ai componenti di velivoli e mezzi di trasporto su gomma, al fine di consentire la rigenerazione del 30% delle parti in lamiera e pannelli compositi termoplastici. E, considerando che l’UE stessa è stata costretta ad inserire proprio l’alluminio nell’elenco dei materiali critici a causa di una diffusa crisi del settore, il progetto Compass appare quantomai necessario per affrontare la transizione ecologica e puntare alla decarbonizzazione.
Ed è proprio in questo contesto che nasce Nandina REM, una startup che ha come obiettivo quello di riconfigurare la catena di fornitura industriale favorendo la circolarità di materiali provenienti da aeromobili e turbine, che spesso hanno una gestione complessa del fine-vita. “Attualmente, ci sono più di 8.000 velivoli dismessi in giro per il mondo, a cui se ne aggiungeranno altri 15.000 nei prossimi 10 anni” spiega Carina Kady, CEO di Nandina REM: riconvertire questi materiali altamente ingegnerizzati (si tratta di fibre composite che spesso rappresentano lo stadio più avanzato dell’ingegneria dei materiali) è un processo impegnativo, “ma dove c’è una sfida, esiste un’opportunità”, le fa eco Jonathan Low, Coordinating Director di Ricerca e Sviluppo di A*STAR, agenzia governativa singaporiana partner strategico della startup. Le ricerche e le sperimentazioni di Nandina REM si concentrano soprattutto sui pannelli di alluminio e le fibre di carbonio, materiali comuni alla progettazione industriale sia del settore dell’aviazione che di quello automotive, settori in cui la startup punta a reinserire i materiali recuperati. L’alluminio e le altre leghe estratte dai velivoli dimessi, in particolare, possono essere reimpiegate per la produzione degli involucri per le batterie dei veicoli elettrici, attraverso una procedura di trasformazione che dura circa due mesi (oltre ai 30 giorni impiegati per lo smantellamento dell’aereo). “Uno dei motivi per cui gli involucri sono così importanti è che garantire materiali secondari di alta qualità è una sfida fondamentale per il mercato dei veicoli elettrici”, spiega ancora Kady in un’intervista rilasciata a Bloomberg: “se si considerano tutti gli aerei che verranno ritirati da qui al 2030-2035, si potrebbero produrre oltre 50 milioni di involucri per batterie per veicoli elettrici” evitando così “la costruzione di circa 12 miniere di bauxite, con una capacità di circa 1 milione di tonnellate l'anno”, conclude Kady. Ma i pannelli di alluminio non sono gli unici materiali a poter essere reimpiegati nel settore automotive: i materiali plastici dei velivoli, molto resistenti e di alta qualità, possono infatti essere utilizzati per i paraurti o per altri componenti delle automobili.
Un tema, quello del riciclo degli aerei dismessi, che interessa anche l’Unione Europea: il progetto Compass, lanciato nell’ambito del programma Horizon Europe e approvato dalla Commissione Europea, prevede infatti lo stanziamento di 6 milioni di euro per lo sviluppo di strumenti e nuove tecnologie che garantiscano una seconda vita ai componenti di velivoli e mezzi di trasporto su gomma, al fine di consentire la rigenerazione del 30% delle parti in lamiera e pannelli compositi termoplastici. E, considerando che l’UE stessa è stata costretta ad inserire proprio l’alluminio nell’elenco dei materiali critici a causa di una diffusa crisi del settore, il progetto Compass appare quantomai necessario per affrontare la transizione ecologica e puntare alla decarbonizzazione.