L’elettronica e l’intelligenza artificiale trasformano l’auto in “autoide”
Dino Collazzo
Scudieri, presidente Anfia: “Nei prossimi anni i veicoli saranno in grado di esaudire i nostri desideri”
Guida autonoma, connettività e mobilità elettrica sono i trend che nel 2020 avranno un ruolo sempre più determinante sui cambiamenti che stanno interessando le quattro ruote. Lo sanno bene i produttori di componentistica che, visto anche l’ingresso nel mercato automotive di player legati al settore dell’elettronica, hanno iniziato a rivedere i propri business plan e a studiare una strategia che li renda sempre più competitivi. Per Paolo Scudieri, presidente di Anfia. (Associazione nazionale filiera industria automobilistica), in questa fase di transizione le aziende italiane devono strutturarsi meglio, investendo su innovazione tecnologica e formazione.
Presidente Scudieri che cosa sta accadendo nel settore dell’auto e nella sua filiera?
“Il settore automotive è da sempre il luogo dove si concentrano le innovazioni. Attualmente stiamo assistendo a un cambio di pelle tecnologico, penso al tema dell’elettrificazione dei veicoli, alla guida autonoma e alla connettività. Tutto ciò porterà allo sviluppo di una mobilità che sfrutta mezzi e metodi diversi di spostamento in base alle esigenze delle persone. In pratica tecnologie e motorizzazioni diverse si interconnetteranno tra di loro”.
Che cosa darà impulso a questo mutamento?
“Se penso ai temi di attualità per il nostro settore, l’auto elettrica e la guida autonoma sono i trend che incideranno in maniera rilevante sul futuro della mobilità. L’idea che abbiamo dell’automobile e il modo in cui la utilizzeremo sarà differente. Nei prossimi anni non avremo più a che fare con un’oggetto che si muove su quattro ruote, ma ci rapporteremo con ciò che chiamo un “autoide”.
Che cosa intende per “autoide”?
“Con la presenza sui veicoli di un’elettronica sempre più complessa e di software di intelligenza artificiale con un’elevata potenza di calcolo, le auto saranno capaci non solo di comunicare tra loro e con il mondo che le circonda, ma anche di decidere, in base alle nostre esigenze di lavoro o di tempo libero, dove andare, che tragitto fare e che informazioni fornirci sui luoghi. In pratica sarà un mezzo in grado di esaudire i nostri desideri e soddisfare i nostri bisogni quando ci muoveremo”.
Produrre un veicolo di questo tipo però comporta l’impiego di tecnologie industriali differenti da quelle che sono presenti oggi in molte aziende. Le imprese italiane hanno le competenze e le risorse per tenere il passo con gli altri paesi?
“Nel nostro settore, quello della componentistica automotive, una buona parte delle aziende ha da tempo iniziato a investire risorse nel potenziare le divisioni di ricerca e sviluppo e nell’aumentare le collaborazioni con università e centri specializzati. Questo è un elemento positivo ma non basta. Serve anche un diverso spirito imprenditoriale, bisogna essere capaci di sviluppare tecnologie e di avviare partnership commerciali con chi ha già industrializzato componenti che ci consentono di arrivare a prodotti dalle elevate prestazioni. Tutto ciò deve avvenire nella maniera più sicura, più affidabile, più veloce ma soprattutto in maniera ragionata”.
Per diversi analisti uno degli aspetti su cui ragionare è il rischio della perdita di posti di lavoro. In che modo bisogna conciliare innovazione e tenuta occupazionale?
“Questi cambiamenti, che hanno nel 2020 il capostipite di un decennio che sarà epocale, avranno certamente un impatto sul piano occupazionale. Da un lato si creeranno nuove figure professionali altamente specializzate, dall’altro c’è chi rimarrà escluso da questa trasformazione. In Italia oggi il comparto legato al powertrain conta circa 60 mila addetti. Immaginando uno scenario in cui l’intera produzione si convertisse tutta a un’alimentazione basata sull’elettrico la perdita di posti di lavoro potrebbe sfiorare i 20 mila addetti: un numero impressionante. Non penso che ciò avverrà. Al contrario penso che la mobilità elettrica si svilupperà e avrà il suo picco per gli spostamenti in città mentre continueremo a servirci di altri tipi di alimentazioni per grandi distanze e dunque avremo bisogno ancora per molto tempo di certi tipi di professionalità”.
È indubbio però che assisteremo a una trasformazione e quindi toccherà fare i conti con lavori che spariranno.
“In questo caso è indispensabile, da parte delle aziende ma anche delle istituzioni pubbliche, lavorare sulla formazione e su una strategia che accompagni l’intero settore industriale verso un cambiamento graduale”.
Presidente Scudieri che cosa sta accadendo nel settore dell’auto e nella sua filiera?
“Il settore automotive è da sempre il luogo dove si concentrano le innovazioni. Attualmente stiamo assistendo a un cambio di pelle tecnologico, penso al tema dell’elettrificazione dei veicoli, alla guida autonoma e alla connettività. Tutto ciò porterà allo sviluppo di una mobilità che sfrutta mezzi e metodi diversi di spostamento in base alle esigenze delle persone. In pratica tecnologie e motorizzazioni diverse si interconnetteranno tra di loro”.
Che cosa darà impulso a questo mutamento?
“Se penso ai temi di attualità per il nostro settore, l’auto elettrica e la guida autonoma sono i trend che incideranno in maniera rilevante sul futuro della mobilità. L’idea che abbiamo dell’automobile e il modo in cui la utilizzeremo sarà differente. Nei prossimi anni non avremo più a che fare con un’oggetto che si muove su quattro ruote, ma ci rapporteremo con ciò che chiamo un “autoide”.
Che cosa intende per “autoide”?
“Con la presenza sui veicoli di un’elettronica sempre più complessa e di software di intelligenza artificiale con un’elevata potenza di calcolo, le auto saranno capaci non solo di comunicare tra loro e con il mondo che le circonda, ma anche di decidere, in base alle nostre esigenze di lavoro o di tempo libero, dove andare, che tragitto fare e che informazioni fornirci sui luoghi. In pratica sarà un mezzo in grado di esaudire i nostri desideri e soddisfare i nostri bisogni quando ci muoveremo”.
Produrre un veicolo di questo tipo però comporta l’impiego di tecnologie industriali differenti da quelle che sono presenti oggi in molte aziende. Le imprese italiane hanno le competenze e le risorse per tenere il passo con gli altri paesi?
“Nel nostro settore, quello della componentistica automotive, una buona parte delle aziende ha da tempo iniziato a investire risorse nel potenziare le divisioni di ricerca e sviluppo e nell’aumentare le collaborazioni con università e centri specializzati. Questo è un elemento positivo ma non basta. Serve anche un diverso spirito imprenditoriale, bisogna essere capaci di sviluppare tecnologie e di avviare partnership commerciali con chi ha già industrializzato componenti che ci consentono di arrivare a prodotti dalle elevate prestazioni. Tutto ciò deve avvenire nella maniera più sicura, più affidabile, più veloce ma soprattutto in maniera ragionata”.
Per diversi analisti uno degli aspetti su cui ragionare è il rischio della perdita di posti di lavoro. In che modo bisogna conciliare innovazione e tenuta occupazionale?
“Questi cambiamenti, che hanno nel 2020 il capostipite di un decennio che sarà epocale, avranno certamente un impatto sul piano occupazionale. Da un lato si creeranno nuove figure professionali altamente specializzate, dall’altro c’è chi rimarrà escluso da questa trasformazione. In Italia oggi il comparto legato al powertrain conta circa 60 mila addetti. Immaginando uno scenario in cui l’intera produzione si convertisse tutta a un’alimentazione basata sull’elettrico la perdita di posti di lavoro potrebbe sfiorare i 20 mila addetti: un numero impressionante. Non penso che ciò avverrà. Al contrario penso che la mobilità elettrica si svilupperà e avrà il suo picco per gli spostamenti in città mentre continueremo a servirci di altri tipi di alimentazioni per grandi distanze e dunque avremo bisogno ancora per molto tempo di certi tipi di professionalità”.
È indubbio però che assisteremo a una trasformazione e quindi toccherà fare i conti con lavori che spariranno.
“In questo caso è indispensabile, da parte delle aziende ma anche delle istituzioni pubbliche, lavorare sulla formazione e su una strategia che accompagni l’intero settore industriale verso un cambiamento graduale”.
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