Car sharing, aumentano gli utenti aziendali
di Dino Collazzo
La possibilità di ridurre le flotte e l’abbattimento dei costi di assicurazione, manutenzione e fleet management sono i vantaggi immediati che spingono sempre più imprese a prediligere la mobilità condivisa all’acquisto o noleggio di auto aziendali. Il 50% delle società nazionali e multinazionali ha dato il via all’impiego multiplo delle vetture tra più lavoratori. Una tendenza che ha tutte le premesse per tramutarsi in un boom, secondo l’Osservatorio nazionale sharing mobility.
Condividere l’auto risparmiando sui costi di gestione e gli spostamenti. Il car sharing si fa largo tra le aziende che preferiscono, in numero sempre più crescente, forme di mobilità più convenienti rispetto all’acquisto o al noleggio a lungo termine di singole automobili o d’intere flotte. Si tratta nello specifico del corporate car sharing che, simile a quello tra privati, consente ai dipendenti di un’impresa di poter condividere per lavoro gli stessi veicoli. La filosofia che c’è dietro è quella del «pay per use», cioè pagare in base all’uso. E il vantaggio per le aziende si traduce in un reale abbattimento dei costi di assicurazione, manutenzione e fleet management. A lanciarsi nel mondo della condivisione, offrendo auto e servizi alle aziende, sono per ora le case automobilistiche, che hanno visto un’altra fetta di mercato in cui espandersi, e i tradizionali operatori di car sharing. Il funzionamento è uguale a quello classico: i veicoli messi a disposizione possono essere prenotati tramite una piattaforma informatica oppure usati come free float, scegliendo qualsiasi auto sparsa in giro per la città. Si tratta nella maggior parte dei casi di macchine ecosostenibili, elettriche o ibride, connesse al web e con diversi ausili tecnologici installati a bordo. Si va dal bluetooth e i sensori di parcheggio fino ai dispositivi per la sicurezza e di frenata d’emergenza. Le ultime innovazioni riguardano invece l’installazione di software collegati alle black box che consentono, nel caso di dipendenti, di accedere ai veicoli con il semplice badge aziendale e sistemi di cruise control per la regolazione della velocità. Per quanto riguarda invece i pagamenti, le aziende stipulano dei contratti in cui ricevono mensilmente una fattura dove sono indicati i noleggi, gli orari, gli indirizzi e le distanze percorse.
Questo modello di mobilità per ora è solo una tendenza ma, considerata la velocità con cui si fa strada tra le imprese e tra gli operatori che offrono questo servizio, ci sono tutte le premesse perché si traduca presto in un vero e proprio boom. Secondo una ricerca dell’osservatorio Top Thousand, pubblicata la scorsa primavera, il 50% delle aziende nazionali e multinazionali ha dato il via all’impiego multiplo delle vetture tra più lavoratori. Un dato destinato a salire al 70% nei prossimi anni facendo aumentare anche la quota nelle imprese – oggi la media è del 5% – dei mezzi che vengono condivisi. Il business del car sharing però non interessa solo le aziende. Infatti, le analisi sulla mobilità dimostrano come sempre più individui scelgano di spostarsi in condivisione per i motivi più disparati. I dati pubblicati dall’Osservatorio nazionale sharing mobility, nato da un’iniziativa del ministero dell’Ambiente e la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, mostrano che in Italia sono circa 700 mila gli iscritti a servizi di questo genere e che hanno condiviso 5.764 auto in 29 città. Nel solo 2015 sono stati effettuati circa 6,5 milioni di noleggi con una percorrenza complessiva di 50 milioni di chilometri. Numeri che aiutano a comprendere come il cambiamento nel campo della mobilità urbana costituisca una grossa opportunità di business per gli operatori del settore. I soggetti che ora offrono prestazioni in sharing sono: DriveNow e ReachNow di Bmw, Car2Go di Daimler, Zipcar, Bollore Group e Gm. Il numero di competitor, però, è destinato a salire con l’ingresso di nuovi player e di uno spostamento della sharing mobility verso sistemi integrati tra veicoli privati e trasporto pubblico.
Ciò non vuol significare che l’auto sparirà. Al contrario, pur rimanendo uno dei mezzi principali per gli spostamenti, sarà sempre meno di proprietà. Ed è proprio su questo snodo che i settori dell’automotive e dell’aftermarket si giocano una parte delle opportunità di sviluppo. Infatti, stando alla ricerca «Future of car sharing market to 2025» realizzata da Frost & Sullivan, il consolidamento del mercato, i progressi tecnologici e le iniziative governative daranno un forte slancio ai servizi di car sharing. La previsione degli analisti è che il numero degli abbonati, a livello globale, supererà i 36 milioni entro il 2025, dai 7,9 milioni registrati nel 2015. Un trend, a quanto si legge, che in Europa interesserà le città con una popolazione superiore a 300 mila abitanti e dove si concentreranno i servizi a singola tratta (one way). Sarà infatti proprio in queste metropoli che si giocherà la partita della mobilità condivisa con le case automobilistiche e le principali società di car sharing pronte a lanciare auto e offerte innovative.
Questo modello di mobilità per ora è solo una tendenza ma, considerata la velocità con cui si fa strada tra le imprese e tra gli operatori che offrono questo servizio, ci sono tutte le premesse perché si traduca presto in un vero e proprio boom. Secondo una ricerca dell’osservatorio Top Thousand, pubblicata la scorsa primavera, il 50% delle aziende nazionali e multinazionali ha dato il via all’impiego multiplo delle vetture tra più lavoratori. Un dato destinato a salire al 70% nei prossimi anni facendo aumentare anche la quota nelle imprese – oggi la media è del 5% – dei mezzi che vengono condivisi. Il business del car sharing però non interessa solo le aziende. Infatti, le analisi sulla mobilità dimostrano come sempre più individui scelgano di spostarsi in condivisione per i motivi più disparati. I dati pubblicati dall’Osservatorio nazionale sharing mobility, nato da un’iniziativa del ministero dell’Ambiente e la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, mostrano che in Italia sono circa 700 mila gli iscritti a servizi di questo genere e che hanno condiviso 5.764 auto in 29 città. Nel solo 2015 sono stati effettuati circa 6,5 milioni di noleggi con una percorrenza complessiva di 50 milioni di chilometri. Numeri che aiutano a comprendere come il cambiamento nel campo della mobilità urbana costituisca una grossa opportunità di business per gli operatori del settore. I soggetti che ora offrono prestazioni in sharing sono: DriveNow e ReachNow di Bmw, Car2Go di Daimler, Zipcar, Bollore Group e Gm. Il numero di competitor, però, è destinato a salire con l’ingresso di nuovi player e di uno spostamento della sharing mobility verso sistemi integrati tra veicoli privati e trasporto pubblico.
Ciò non vuol significare che l’auto sparirà. Al contrario, pur rimanendo uno dei mezzi principali per gli spostamenti, sarà sempre meno di proprietà. Ed è proprio su questo snodo che i settori dell’automotive e dell’aftermarket si giocano una parte delle opportunità di sviluppo. Infatti, stando alla ricerca «Future of car sharing market to 2025» realizzata da Frost & Sullivan, il consolidamento del mercato, i progressi tecnologici e le iniziative governative daranno un forte slancio ai servizi di car sharing. La previsione degli analisti è che il numero degli abbonati, a livello globale, supererà i 36 milioni entro il 2025, dai 7,9 milioni registrati nel 2015. Un trend, a quanto si legge, che in Europa interesserà le città con una popolazione superiore a 300 mila abitanti e dove si concentreranno i servizi a singola tratta (one way). Sarà infatti proprio in queste metropoli che si giocherà la partita della mobilità condivisa con le case automobilistiche e le principali società di car sharing pronte a lanciare auto e offerte innovative.