Officina 4.0, ad Autopromotec il mondo del post-vendita si è interrogato sul suo futuro
Redazione
Il settore dell’aftermarket si evolve e per tenere il passo con i cambiamenti che stanno investendo il mondo dell’automotive, componentisti, ricambisti e distributori puntano sull’innovazione tecnologica. Ma per riuscire a governare la quarta rivoluzione industriale serve il lavoro di squadra. Per Mauro Severi, presidente AICA “L’innovazione si fa solo assieme. In questo modo ci candidiamo a essere con la Germania la vera fabbrica 4.0 d’Europa”
Officina ‘intelligenti’ per veicoli sempre più smart. Ad Autopromotec 2017 è andato in scena il futuro. Tra diagnosi predittiva, interventi in realtà aumentata e robot gli operatori del settore hanno avuto l’occasione di osservare da vicino come e cosa cambierà nel loro lavoro. Le impressioni di chi ha visitato lo stand dell’Officina 4.0 sono state diverse: c’è chi ha intravisto, in sensori, software e strumenti all’avanguardia, una nuova opportunità di business, chi la considera già una realtà e chi invece resta ancora scettico sul suo sviluppo. In tutti i casi per analisti ed esperti del settore la sola strada per rimanere competitivi nel mondo dell’autoriparazione passa dalla capacità di innovare e da una buona formazione.
Elementi che per il presidente di AICA Mauro Severi sono sempre più diffusi, grazie a una conoscenza messa a sistema. “Le imprese oggi sono in grado di interpretare al meglio le grandi trasformazioni e i trend che la quarta rivoluzione industriale porta con sé – ha spiegato durante l’apertura del convegno inaugurale –. L’aspetto davvero importante però è che oggi le innovazioni non sono più il risultato di una sola azienda, bensì il prodotto di azioni sistemiche. L’auto connessa, l’assistenza alla guida, la diagnostica predittiva sono, infatti, il frutto di un impegno interdisciplinare che non ha precedenti”. E che nel lungo periodo, per il numero uno di Aica, non può che tradursi in una robusta crescita del settore. Ma per fare ciò occorre l’impegno da parte di tutti i protagonisti del mercato. E in quest’ambito l’Italia ha l’opportunità di giocarsi un ruolo da leader. Infatti, secondo i dati ANFIA, nel 2015 le 2mila imprese della componentistica hanno prodotto un fatturato di 38,8 miliardi di euro, dando lavoro a 136mila addetti diretti con un export pari a 19,9 miliardi di euro. Senza contare la manutenzione delle auto, per cui nel 2016 sono stati spesi 29,5 miliardi di euro, con una crescita del 3,9%. “Il ruolo delle attrezzature diventerà sempre più centrale e l’Italia ha la leadership mondiale, con esportazioni che nel 2015 hanno superato i 2,1 miliardi di euro – ha continuato Severi – Un risultato ottenuto grazie a prodotti innovativi e alla capacità imprenditoriale di tante piccole aziende e di quelle ‘multinazionali tascabili’ che rappresentano il cuore del made in Italy”. Questo per Severi rappresenta la dimostrazione che produrre nel nostro Paese non solo è possibile ma è anche indispensabile. Così da rimettere in funzione il motore dell’economia rimasto inceppato da troppo tempo, e diventare “assieme alla Germania, la vera fabbrica 4.0 d’Europa” ha concluso Severi.
Un’idea condivisa da più parti, la cui realizzazione è affidata alla capacità delle imprese di investire le proprie risorse in ricerca e sviluppo e in professionalità. Ecco allora che macchinari tecnologici, formazione del personale e nuove competenze in fabbrica come in officina, sono il volano necessario per rilanciare la ripresa. Non è un caso che proprio il settore dell’automotive sia il primo investitore privato in Italia, con 3 miliardi di euro all’anno destinati al campo dell’innovazione. Per Paolo Vasone, responsabile del settore aftermarket di ANFIA, intercettare il cambiamento è fondamentale per rimanere nel mercato. “Non dobbiamo mai essere stanchi di essere italiani – ha spiegato – Qui abbiamo aziende che esportano l’85% del fatturato, sono l’ossatura sana della nostra economia e meritano un grande riconoscimento”.
Un ruolo fondamentale in quest’evoluzione del settore, più che rivoluzione, passa dallo sviluppo dell’internet of things e dell’intelligenza artificiale. Eugenio Razelli, industrial advisor con grande esperienza nel settore, oltre a presentare il progetto “Officina 4.0: Proof of concept”, ha ricordato alcuni studi secondo cui nel 2025 il 100% dei veicoli nuovi saranno connessi. Un mondo interconnesso e digitale in cui internet travolge anche il mondo dell’automotive: tra Italia, Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna si contano infatti secondo Google 709 milioni di ricerche mensili su internet su ricambi e accessori, 94 milioni di ricerche su servizi-riparazioni, 183 milioni su pneumatici e 3 milioni su ricambi d’olio. “Il pilastro di tutto è che l’auto e l’officina siano connesse – ha sottolineato Razelli – Ma in Italia manca oggi un protocollo aperto che metta in collegamento i vari elementi dell’officina, io penso che la piattaforma MCTCnet 2 possa essere sviluppata in questo senso”.
Le esperienze di alcuni operatori
Non solo numeri e previsioni, durante il convegno c’è stato spazio anche per alcune esperienze positive. Aziende che hanno saputo sfruttare il proprio know-how per realizzare prodotti sempre più efficienti e all’avanguardia.
È il caso di Franco Fenoglio, presidente di Scania Italia, che ha presentato alcune delle innovazioni con cui la sua azienda ha affrontato i cambiamenti. Come la strada elettrificata realizzata in Svezia, dove i mezzi Scania vengono spinti dall’elettricità come fossero filobus: un esperimento che presto potrebbe essere replicato in Germania. O, ancora, con la sperimentazione sul platooning al porto di Singapore, dove nelle colonne di mezzi per il trasporto merci soltanto il primo ha un autista mentre gli altri sono a guida autonoma. Scania ha inoltre oggi 250mila veicoli connessi con centraline. “La connettività consente di ridurre gli sprechi e massimizzare la disponibilità dei veicoli, con tanti dati in tempo reale – ha spiegato Fenoglio – In questo modo siamo in grado di personalizzare gli accordi cliente per cliente”.
Pietro Berardi, after sales president di Nissan Usa, ha fatto da guida nelle tendenze principali del mercato internazionale e americano in particolare, dove si assiste a “una vera psicosi del digitale”. Ha ricordato il progetto Hyundai-Amazon, che consente di acquistare un’auto dopo averla ricevuta direttamente a casa per un test di 7 giorni, e l’esempio di Carvana, che permette di acquistare un’auto usata e farsela consegnare a casa senza passare dal concessionario. “Ormai 6 persone su 10 che decidono di comprare qualcosa vanno su internet – ha precisato Berardi – E questa rivoluzione sta investendo anche il mondo dei ricambi. Amazon ha fatto un accordo con i grandi produttori che nelle grandi città degli Usa consente di scegliere tra oltre 2 milioni di pezzi con un prezzo inferiore del 20% rispetto ai rivenditori tradizionali”. Nissan per intercettare queste tendenze ha creato una startup di 30 persone che a Parigi lavora sulla digitalizzazione, ma è una strada che, sottolinea Berardi, possono seguire anche le piccole realtà, come dimostra il caso di un’officina che a Varese sta già utilizzando una piattaforma che gestisce online e da smartphone tutto il servizio di ricambi. Resisteranno a questa rivoluzione i piccoli rivenditori? “Se il piccolo operatore di provincia capisce quali sono i trend – ha detto Berardi – la digitalizzazione può aiutarlo a diventare ancora più grande. Né lui, né un grande costruttore come Nissan possono fermare il futuro”.
Elementi che per il presidente di AICA Mauro Severi sono sempre più diffusi, grazie a una conoscenza messa a sistema. “Le imprese oggi sono in grado di interpretare al meglio le grandi trasformazioni e i trend che la quarta rivoluzione industriale porta con sé – ha spiegato durante l’apertura del convegno inaugurale –. L’aspetto davvero importante però è che oggi le innovazioni non sono più il risultato di una sola azienda, bensì il prodotto di azioni sistemiche. L’auto connessa, l’assistenza alla guida, la diagnostica predittiva sono, infatti, il frutto di un impegno interdisciplinare che non ha precedenti”. E che nel lungo periodo, per il numero uno di Aica, non può che tradursi in una robusta crescita del settore. Ma per fare ciò occorre l’impegno da parte di tutti i protagonisti del mercato. E in quest’ambito l’Italia ha l’opportunità di giocarsi un ruolo da leader. Infatti, secondo i dati ANFIA, nel 2015 le 2mila imprese della componentistica hanno prodotto un fatturato di 38,8 miliardi di euro, dando lavoro a 136mila addetti diretti con un export pari a 19,9 miliardi di euro. Senza contare la manutenzione delle auto, per cui nel 2016 sono stati spesi 29,5 miliardi di euro, con una crescita del 3,9%. “Il ruolo delle attrezzature diventerà sempre più centrale e l’Italia ha la leadership mondiale, con esportazioni che nel 2015 hanno superato i 2,1 miliardi di euro – ha continuato Severi – Un risultato ottenuto grazie a prodotti innovativi e alla capacità imprenditoriale di tante piccole aziende e di quelle ‘multinazionali tascabili’ che rappresentano il cuore del made in Italy”. Questo per Severi rappresenta la dimostrazione che produrre nel nostro Paese non solo è possibile ma è anche indispensabile. Così da rimettere in funzione il motore dell’economia rimasto inceppato da troppo tempo, e diventare “assieme alla Germania, la vera fabbrica 4.0 d’Europa” ha concluso Severi.
Un’idea condivisa da più parti, la cui realizzazione è affidata alla capacità delle imprese di investire le proprie risorse in ricerca e sviluppo e in professionalità. Ecco allora che macchinari tecnologici, formazione del personale e nuove competenze in fabbrica come in officina, sono il volano necessario per rilanciare la ripresa. Non è un caso che proprio il settore dell’automotive sia il primo investitore privato in Italia, con 3 miliardi di euro all’anno destinati al campo dell’innovazione. Per Paolo Vasone, responsabile del settore aftermarket di ANFIA, intercettare il cambiamento è fondamentale per rimanere nel mercato. “Non dobbiamo mai essere stanchi di essere italiani – ha spiegato – Qui abbiamo aziende che esportano l’85% del fatturato, sono l’ossatura sana della nostra economia e meritano un grande riconoscimento”.
Un ruolo fondamentale in quest’evoluzione del settore, più che rivoluzione, passa dallo sviluppo dell’internet of things e dell’intelligenza artificiale. Eugenio Razelli, industrial advisor con grande esperienza nel settore, oltre a presentare il progetto “Officina 4.0: Proof of concept”, ha ricordato alcuni studi secondo cui nel 2025 il 100% dei veicoli nuovi saranno connessi. Un mondo interconnesso e digitale in cui internet travolge anche il mondo dell’automotive: tra Italia, Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna si contano infatti secondo Google 709 milioni di ricerche mensili su internet su ricambi e accessori, 94 milioni di ricerche su servizi-riparazioni, 183 milioni su pneumatici e 3 milioni su ricambi d’olio. “Il pilastro di tutto è che l’auto e l’officina siano connesse – ha sottolineato Razelli – Ma in Italia manca oggi un protocollo aperto che metta in collegamento i vari elementi dell’officina, io penso che la piattaforma MCTCnet 2 possa essere sviluppata in questo senso”.
Le esperienze di alcuni operatori
Non solo numeri e previsioni, durante il convegno c’è stato spazio anche per alcune esperienze positive. Aziende che hanno saputo sfruttare il proprio know-how per realizzare prodotti sempre più efficienti e all’avanguardia.
È il caso di Franco Fenoglio, presidente di Scania Italia, che ha presentato alcune delle innovazioni con cui la sua azienda ha affrontato i cambiamenti. Come la strada elettrificata realizzata in Svezia, dove i mezzi Scania vengono spinti dall’elettricità come fossero filobus: un esperimento che presto potrebbe essere replicato in Germania. O, ancora, con la sperimentazione sul platooning al porto di Singapore, dove nelle colonne di mezzi per il trasporto merci soltanto il primo ha un autista mentre gli altri sono a guida autonoma. Scania ha inoltre oggi 250mila veicoli connessi con centraline. “La connettività consente di ridurre gli sprechi e massimizzare la disponibilità dei veicoli, con tanti dati in tempo reale – ha spiegato Fenoglio – In questo modo siamo in grado di personalizzare gli accordi cliente per cliente”.
Pietro Berardi, after sales president di Nissan Usa, ha fatto da guida nelle tendenze principali del mercato internazionale e americano in particolare, dove si assiste a “una vera psicosi del digitale”. Ha ricordato il progetto Hyundai-Amazon, che consente di acquistare un’auto dopo averla ricevuta direttamente a casa per un test di 7 giorni, e l’esempio di Carvana, che permette di acquistare un’auto usata e farsela consegnare a casa senza passare dal concessionario. “Ormai 6 persone su 10 che decidono di comprare qualcosa vanno su internet – ha precisato Berardi – E questa rivoluzione sta investendo anche il mondo dei ricambi. Amazon ha fatto un accordo con i grandi produttori che nelle grandi città degli Usa consente di scegliere tra oltre 2 milioni di pezzi con un prezzo inferiore del 20% rispetto ai rivenditori tradizionali”. Nissan per intercettare queste tendenze ha creato una startup di 30 persone che a Parigi lavora sulla digitalizzazione, ma è una strada che, sottolinea Berardi, possono seguire anche le piccole realtà, come dimostra il caso di un’officina che a Varese sta già utilizzando una piattaforma che gestisce online e da smartphone tutto il servizio di ricambi. Resisteranno a questa rivoluzione i piccoli rivenditori? “Se il piccolo operatore di provincia capisce quali sono i trend – ha detto Berardi – la digitalizzazione può aiutarlo a diventare ancora più grande. Né lui, né un grande costruttore come Nissan possono fermare il futuro”.