Il sogno del futuro 4.0 turba il sonno dell’automotive… o forse no
di Nicoletta Ferrini
L’industria 4.0 sta portando nel mondo automotive non solo sogni, ma anche qualche incubo. Le nuove tecnologie, dalla stampa 3D alla guida autonoma, rivoluzioneranno il mondo dell’auto e, secondo alcuni, nel giro qualche anno potrebbero anche spazzar via alcune delle più tradizionali professionalità del settore
Dalle automobili “smart” all’Internet of Things (IoT), passando per la guida autonoma e la stampa 3D, ci sono ben pochi dubbi sul fatto che le nuove tecnologie stanno radicalmente modificando il concetto di mobilità, ma anche il modo di progettare, assemblare, vendere ed anche manutenere un’automobile. E ci sono anche sempre meno dubbi anche sul fatto che tutto questo avrà un impatto non trascurabile sul mondo del lavoro. Redistribuire i vantaggi derivati dall’applicazione delle nuove tecnologie e gestire la transizione tra presente e futuro sono due questioni centrali rispetto cui mondo scientifico, economico-industriale e politico sono oggi chiamati a confrontarsi.
Ad essere in discussione non è più la realizzazione di tecnologie quali IoT oppure stampa 3D, quanto piuttosto le conseguenze economiche e sociali che potrebbero derivare da quella che sembrerebbe essere la loro incontrastabile diffusione su larga scala. E proprio su quest’ultimo punto gli esperti non sempre concordano. Da un lato, ci sono infatti coloro che guardano soprattutto al contributo offerto al fine di rendere la vita delle persone più semplice, sicura ed anche divertente. Dall’altro, ci sono quelli che, in attesa di veder realizzate le promesse di un futuro migliore, cercano di mettere a fuoco anche il rovescio della medaglia. Alcuni possibili risvolti negativi sono stati descritti ed analizzati nell’articolo “Five industries under threat from technology” (“Cinque settori minacciati dalla tecnologia”) apparso alcune settimane fa sul Financial Times. Secondo quanto riportato dal popolare quotidiano finanziario anglosassone, alcune delle più avanzate tecnologie oggi in esplosione potrebbero, nel giro di venti o trent’anni, rivoluzionare alcuni comparti ed addirittura cancellare alcune professionalità. Tra i soggetti a rischio ci sarebbero produttori e distributori di piccoli componenti industriali (un settore particolarmente importante per il nostro Paese), autoriparatori e venditori di polizze RC auto.
A turbare i sogni dei primi, secondo il Financial Times, sarebbero proprio le stampanti 3D, la cui espansione è a dire poco esponenziale, in particolare in alcuni settori tra cui proprio l’automotive. Secondo il rapporto “World Automotive 3D Printing Market”, recentemente pubblicato dalla società di ricerca statunitense Allied Market Research, il mercato mondiale della stampa 3D per questo settore dovrebbe raccogliere 2,4 miliardi di dollari entro il 2022, con un CAGR (tasso annuo di crescita composto) pari al 21,8% nel periodo 2016 – 2020. La diffusione della stampa 3D è destinata a scuotere fin dalle fondamenta le tradizionali logiche di approvvigionamento: le aziende avranno, infatti, la possibilità di produrre in casa quello di cui hanno bisogno sulle proprie linee di assemblaggio e, paradossalmente, potrebbe convenire produrre materiale e componenti in esubero, piuttosto che acquistarne nei giusti quantitativi da produttori esterni, facendoli magari arrivare dall’altra parte del mondo. L’articolo del Financial Times cita in tal senso l’esperienza di Bosch Rexroth. L’azienda tedesca - che già oggi si affida alla stampa 3D per la creazione di prototipi – prevede infatti, in un arco di tempo compreso tra cinque e dieci anni, di stampare in casa fino al 40% delle attrezzature necessarie per la produzione.
Piangono i produttori industriali, ma anche gli autoriparatori ed i broker assicurativi certamente non ridono. A rendere incerto il loro futuro -sempre secondo quanto riportato dal Financial Times– dovrebbero essere le stesse automobili del futuro, talmente “intelligenti” da minimizzare il numero di incidenti stradali e di conseguenza i passaggi in officina ed i fabbisogni assicurativi. Inoltre, secondo quanto si legge nel quotidiano finanziario – che non è per altro il solo a sostenerlo – la minore complessità costruttiva e, di conseguenza, le ridotte esigenze manutentive delle automobili elettriche contribuiranno a limitare le necessità di manutenzione.
È dunque un futuro davvero oscuro quello che la tecnologia sta preparando per alcune tradizionali professioni dell’auto? Forse no. Le minacce possono, infatti, diventare opportunità per quegli stessi soggetti sotto scacco. Secondo gli analisti più ottimisti le nuove tecnologie non spazzeranno via le succitate professioni, ma di sicuro pretenderanno una loro evoluzione. La diffusione della stampa 3D difficilmente e comunque non subito porterà una stampante in ogni casa. Nasceranno – stanno già nascendo - nuove professionalità in tal senso, le quali però molto probabilmente dovranno, di volta in volta, affidarsi a chi possiede “know how” e competenze molto specifiche, se non proprio artigianali.
Per quanto sofisticate, robuste, sicure e capaci di fare un’accurata e costante autodiagnosi preventiva, le automobili continueranno ad aver bisogno di qualcuno che si prenda periodicamente e professionalmente cura di loro. Le esigenze di manutenzione ordinaria e straordinaria saranno, tuttavia, diverse da quelle attuali. Gli autoriparatori di domani dovranno aver sviluppato non solo competenze nuove, ma anche un approccio alla professione molto più digitale.
I prodotti assicurativi infine – come ipotizza lo stesso Financial Times –non scompariranno, ma probabilmente cambieranno. Pensando alle criticità in termini di responsabilità penale e civile connesse all’utilizzo di automobili senza conducente, non è ad esempio escluso che le future assicurazioni dei veicoli siano pensate per i costruttori, ancor più che per i consumatori.
Il passaggio dell’ormai prossimo uragano tecnologico nel settore dell’auto non è dunque per forza destinato a lasciare dietro di sé miseria e distruzione. Per rimanere in piedi sarà fondamentale – in una parola – “reinventarsi”.
Ad essere in discussione non è più la realizzazione di tecnologie quali IoT oppure stampa 3D, quanto piuttosto le conseguenze economiche e sociali che potrebbero derivare da quella che sembrerebbe essere la loro incontrastabile diffusione su larga scala. E proprio su quest’ultimo punto gli esperti non sempre concordano. Da un lato, ci sono infatti coloro che guardano soprattutto al contributo offerto al fine di rendere la vita delle persone più semplice, sicura ed anche divertente. Dall’altro, ci sono quelli che, in attesa di veder realizzate le promesse di un futuro migliore, cercano di mettere a fuoco anche il rovescio della medaglia. Alcuni possibili risvolti negativi sono stati descritti ed analizzati nell’articolo “Five industries under threat from technology” (“Cinque settori minacciati dalla tecnologia”) apparso alcune settimane fa sul Financial Times. Secondo quanto riportato dal popolare quotidiano finanziario anglosassone, alcune delle più avanzate tecnologie oggi in esplosione potrebbero, nel giro di venti o trent’anni, rivoluzionare alcuni comparti ed addirittura cancellare alcune professionalità. Tra i soggetti a rischio ci sarebbero produttori e distributori di piccoli componenti industriali (un settore particolarmente importante per il nostro Paese), autoriparatori e venditori di polizze RC auto.
A turbare i sogni dei primi, secondo il Financial Times, sarebbero proprio le stampanti 3D, la cui espansione è a dire poco esponenziale, in particolare in alcuni settori tra cui proprio l’automotive. Secondo il rapporto “World Automotive 3D Printing Market”, recentemente pubblicato dalla società di ricerca statunitense Allied Market Research, il mercato mondiale della stampa 3D per questo settore dovrebbe raccogliere 2,4 miliardi di dollari entro il 2022, con un CAGR (tasso annuo di crescita composto) pari al 21,8% nel periodo 2016 – 2020. La diffusione della stampa 3D è destinata a scuotere fin dalle fondamenta le tradizionali logiche di approvvigionamento: le aziende avranno, infatti, la possibilità di produrre in casa quello di cui hanno bisogno sulle proprie linee di assemblaggio e, paradossalmente, potrebbe convenire produrre materiale e componenti in esubero, piuttosto che acquistarne nei giusti quantitativi da produttori esterni, facendoli magari arrivare dall’altra parte del mondo. L’articolo del Financial Times cita in tal senso l’esperienza di Bosch Rexroth. L’azienda tedesca - che già oggi si affida alla stampa 3D per la creazione di prototipi – prevede infatti, in un arco di tempo compreso tra cinque e dieci anni, di stampare in casa fino al 40% delle attrezzature necessarie per la produzione.
Piangono i produttori industriali, ma anche gli autoriparatori ed i broker assicurativi certamente non ridono. A rendere incerto il loro futuro -sempre secondo quanto riportato dal Financial Times– dovrebbero essere le stesse automobili del futuro, talmente “intelligenti” da minimizzare il numero di incidenti stradali e di conseguenza i passaggi in officina ed i fabbisogni assicurativi. Inoltre, secondo quanto si legge nel quotidiano finanziario – che non è per altro il solo a sostenerlo – la minore complessità costruttiva e, di conseguenza, le ridotte esigenze manutentive delle automobili elettriche contribuiranno a limitare le necessità di manutenzione.
È dunque un futuro davvero oscuro quello che la tecnologia sta preparando per alcune tradizionali professioni dell’auto? Forse no. Le minacce possono, infatti, diventare opportunità per quegli stessi soggetti sotto scacco. Secondo gli analisti più ottimisti le nuove tecnologie non spazzeranno via le succitate professioni, ma di sicuro pretenderanno una loro evoluzione. La diffusione della stampa 3D difficilmente e comunque non subito porterà una stampante in ogni casa. Nasceranno – stanno già nascendo - nuove professionalità in tal senso, le quali però molto probabilmente dovranno, di volta in volta, affidarsi a chi possiede “know how” e competenze molto specifiche, se non proprio artigianali.
Per quanto sofisticate, robuste, sicure e capaci di fare un’accurata e costante autodiagnosi preventiva, le automobili continueranno ad aver bisogno di qualcuno che si prenda periodicamente e professionalmente cura di loro. Le esigenze di manutenzione ordinaria e straordinaria saranno, tuttavia, diverse da quelle attuali. Gli autoriparatori di domani dovranno aver sviluppato non solo competenze nuove, ma anche un approccio alla professione molto più digitale.
I prodotti assicurativi infine – come ipotizza lo stesso Financial Times –non scompariranno, ma probabilmente cambieranno. Pensando alle criticità in termini di responsabilità penale e civile connesse all’utilizzo di automobili senza conducente, non è ad esempio escluso che le future assicurazioni dei veicoli siano pensate per i costruttori, ancor più che per i consumatori.
Il passaggio dell’ormai prossimo uragano tecnologico nel settore dell’auto non è dunque per forza destinato a lasciare dietro di sé miseria e distruzione. Per rimanere in piedi sarà fondamentale – in una parola – “reinventarsi”.