Motori diesel: verso il declino? Incentivi e super-filtri per gestire la transizione
di Dino Collazzo
Si moltiplicano gli annunci da parte dei car marker sull’abbandono del motore a gasolio mentre diverse città ne vietano la circolazione. Sulle strade europee però, stando ai dati Acea, su 252 milioni di autovetture il 41,2% è a diesel. La politica dei soli divieti non basta più.
Il motore diesel sembra avere gli anni contati. Esperti e analisti del settore automotive da qualche tempo ipotizzano che nel volgere di un decennio, visti anche i recenti avvenimenti, questo tipo di alimentazione sarà interessata da una forte contrazione sul mercato europeo. Passando dal 50% al 9% entro il 2030. Si tratta di previsioni che vanno prese con cautela. Anche perché prevedere che tutti gli automobilisti abbandonino, nel breve periodo, il diesel a favore di altri propulsori è un’astrazione. Ammettendo però che in futuro si venderanno sempre meno veicoli di questo tipo, la domanda a cui occorrerà dare risposta nei prossimi anni è: come gestire gli attuali modelli in circolazione?
Una questione non da poco se si pensa che su 252 milioni di autovetture presenti sulle strade europee, secondo gli ultimi dati Acea, il 41,2 % ha un motore a gasolio. È questo il dato su cui i governi nazionali e l’industria dell’automotive devono interrogarsi. Specie se si pensa che una buona parte dei diesel in circolazione appartiene a modelli la cui classe di emissione rientra nella categoria Euro 0-3, considerate inquinati. Di conseguenza accanto a normative sempre più stringenti in tema di emissioni e alla decisione di molte metropoli di vietare la circolazione di veicoli diesel nei centri urbani – da ultimo la sentenza del tribunale federale di Lipsia che considera ammissibili i divieti di circolazione veicoli diesel nelle città tedesche – serve anche una politica d’incentivi e sostegno alla domanda di sostituzione. Svecchiare un parco circolante, la cui media è di 10,7 anni, non è cosa facile. Ma soprattutto non è così immediato, se si considera che la ripresa dei consumi ha un andamento differente da una nazione all’altra e solo ora la domanda di sostituzione ha iniziato a scongelarsi: specie nei paesi del sud Europa. In questa fase un’altra strada percorribile potrebbe essere rappresentata dall’introduzione di super-filtri sulle vecchie vetture. Un simile aggiustamento, su modelli Euro 4-5, appare costoso: dai 1.400 ai 3.300 euro. E la prima cosa da capire è su chi ricadrebbe quest’onere: automobilista o produttore. Qualora si optasse per i primi, bisognerebbe utilizzare la leva dei finanziamenti pubblici.
In attesa di capire quali strategie verranno adottate dalla Commissione Ue e dai singoli Stati, nell’industria dell’auto qualcosa sta già cambiando. E lo dimostra il fatto che diversi cer marker hanno annunciato di abbandonare, a partire dal 2022, lo sviluppo di motori diesel. Complici le normative sull’emissione e i divieti di circolazione previsti in diverse città, si è assistito a un crollo della domanda. Lo scorso anno, per la prima volta dal 2009, le immatricolazioni di auto a benzina hanno superato quelle a gasolio. Mentre crescono, anche se lentamente, quelle con carburanti alternativi (metano, gpl, ibride ed elettriche). Stando ai dati sull’immatricolazione 2017 nei maggiori mercati europei, fatta eccezione per l’Italia, si è registrato un calo delle vendite di auto diesel. In Spagna si è passati dal 56,8% del 2016 al 48,3% dello scorso anno, mentre in Germania dal 45,8% si è scesi al 38,6%. Male anche il Regno unito dove il calo è stato del 17,1%. Chi ha registrato però il crollo maggiore è stata la Francia. Infatti, per la prima volta, a partire dal 2000, la quota dei motori a gasolio si è arrestata sotto il 50%. In questo quadro la sola a viaggiare in controtendenza è l’Italia. Nel 2017 sono state immatricolate 1,10 milioni di macchine diesel, con una quota del 56,3% contro il 59,9% del 2016.
Una questione non da poco se si pensa che su 252 milioni di autovetture presenti sulle strade europee, secondo gli ultimi dati Acea, il 41,2 % ha un motore a gasolio. È questo il dato su cui i governi nazionali e l’industria dell’automotive devono interrogarsi. Specie se si pensa che una buona parte dei diesel in circolazione appartiene a modelli la cui classe di emissione rientra nella categoria Euro 0-3, considerate inquinati. Di conseguenza accanto a normative sempre più stringenti in tema di emissioni e alla decisione di molte metropoli di vietare la circolazione di veicoli diesel nei centri urbani – da ultimo la sentenza del tribunale federale di Lipsia che considera ammissibili i divieti di circolazione veicoli diesel nelle città tedesche – serve anche una politica d’incentivi e sostegno alla domanda di sostituzione. Svecchiare un parco circolante, la cui media è di 10,7 anni, non è cosa facile. Ma soprattutto non è così immediato, se si considera che la ripresa dei consumi ha un andamento differente da una nazione all’altra e solo ora la domanda di sostituzione ha iniziato a scongelarsi: specie nei paesi del sud Europa. In questa fase un’altra strada percorribile potrebbe essere rappresentata dall’introduzione di super-filtri sulle vecchie vetture. Un simile aggiustamento, su modelli Euro 4-5, appare costoso: dai 1.400 ai 3.300 euro. E la prima cosa da capire è su chi ricadrebbe quest’onere: automobilista o produttore. Qualora si optasse per i primi, bisognerebbe utilizzare la leva dei finanziamenti pubblici.
In attesa di capire quali strategie verranno adottate dalla Commissione Ue e dai singoli Stati, nell’industria dell’auto qualcosa sta già cambiando. E lo dimostra il fatto che diversi cer marker hanno annunciato di abbandonare, a partire dal 2022, lo sviluppo di motori diesel. Complici le normative sull’emissione e i divieti di circolazione previsti in diverse città, si è assistito a un crollo della domanda. Lo scorso anno, per la prima volta dal 2009, le immatricolazioni di auto a benzina hanno superato quelle a gasolio. Mentre crescono, anche se lentamente, quelle con carburanti alternativi (metano, gpl, ibride ed elettriche). Stando ai dati sull’immatricolazione 2017 nei maggiori mercati europei, fatta eccezione per l’Italia, si è registrato un calo delle vendite di auto diesel. In Spagna si è passati dal 56,8% del 2016 al 48,3% dello scorso anno, mentre in Germania dal 45,8% si è scesi al 38,6%. Male anche il Regno unito dove il calo è stato del 17,1%. Chi ha registrato però il crollo maggiore è stata la Francia. Infatti, per la prima volta, a partire dal 2000, la quota dei motori a gasolio si è arrestata sotto il 50%. In questo quadro la sola a viaggiare in controtendenza è l’Italia. Nel 2017 sono state immatricolate 1,10 milioni di macchine diesel, con una quota del 56,3% contro il 59,9% del 2016.