Auto, investire nella mobilità 4.0 è il solo modo per accrescere il proprio business
di Dino Collazzo
Elettrificazione dei veicoli, connettività e sistemi per la guida autonoma sono i megatrend che stanno guidando i cambiamenti nell’industria automotive.
Lo sviluppo delle automobili connesse, dell’intelligenza artificiale e dell’elettrificazione sono elementi entrati da tempo nella pianificazione industriale sia delle case costruttrici che delle aziende del settore aftermarket. Nei prossimi anni i veicoli che circoleranno sulle strade avranno un profilo e delle funzioni molto diverse da quelle attuali, diventando veri e propri concentrati di innovazione. A trainare l’auto verso ciò che in molti definiscono una “nuova primavera” delle quattro ruote è lo sviluppo tecnologico: una trasformazione digitale che influisce in maniera determinante sui processi produttivi, sulla creazione dei modelli, sempre più smart, e sulle abitudini dei consumatori, più orientati alla condivisione che al possesso.
Connected car e guida autonoma
Internt of things e guida autonoma, sono gli elementi che più di ogni cosa stanno cambiando l’idea che oggi abbiamo dell’automobile. Infatti, grazie a software intelligenti, sensori, radar e collegamenti wireless alla Rete, i nuovi veicoli in circolazione sono sempre più paragonabili a dei device su quattro ruote. Queste integrazioni hanno reso le auto dei veri e propri assistenti personali capaci di supportarci nella quotidianità. E se necessario di prendere il controllo del veicolo e portarci, in un futuro non molto lontano, da casa a lavoro senza bisogno di mettere le mani sul volante. Solo per fare qualche esempio, pensiamo al salto compiuto dei controlli vocali grazie allo sviluppo tecnologico del machine learning. Se fino a poco tempo fa bisognava pronunciare frasi standard per interagire con il sistema d’infotainment, adesso è possibile formulare domande più complesse e ottenere risposte precise. Non solo. Il progredire dei sistemi Adas (Advanced driver assistance system) hanno reso la guida più sicura e in alcuni casi anche autonoma. I sensori di parcheggio, la frenata automatica di emergenza, i dispositivi di avviso di cambio corsia e di controllo della velocità entrano sempre più frequentemente nella dotazione di serie delle autovetture e sono sempre più evoluti. Parliamo di sistemi di assistenza alla guida il cui fatturato sul mercato globale nel 2025 sfiorerà, secondo una previsione di Bain & Company, i 26 miliardi di dollari. Una crescita di 3,2 volte rispetto agli 8 miliardi stimati nel 2016.
Il risultato di tutte queste innovazioni tecnologiche è stato quello di aumentare la capacità delle vetture di elaborare un numero sempre più elevato di dati. Le auto moderne infatti hanno la potenza di calcolo di 20 personal computer, dispongono di circa 100 milioni di righe di codice di programmazione ed elaborano fino a 25 gigabyte di dati all’ora. È su questa complessità che si gioca la sfida più importante dell’industria automotive e della sua filiera. Infatti, riuscire a progettare software e componenti intelligenti da installare a bordo del veicolo e capaci di connettersi con l’esterno – pensiamo alla segnaletica stradale e ai sensori che trasformeranno le città in smart city – consentirà al mondo delle quattroruote di reggere la concorrenza che arriva da molte aziende del mondo hi-tech. Riuscire a mantenere un proprio business è e sarà fondamentale, se si pensa che il mercato delle connected car, secondo un elaborazione dall’Osservatorio Autopromotec su dati di Pwc, nel 2022 sfiorerà i 142 miliardi di euro a livello globale. Parliamo ovviamente di previsioni, su cui influiranno le scelte e gli orientamenti dei consumatori. Se da un lato infatti cresce la voglia di connettività da parte dei conducenti, dall’altro aumentano le preoccupazione sulla sicurezza digitale e sulla tutela della privacy. Due elementi che se non correttamente affrontati potrebbero costituire un ostacolo alla diffusione delle connected car. Ed è per questo che l’intero settore dell’automotive deve accelerare sugli investimenti in cybersecurity, anonimizzazione e protezione dei dati degli utenti.
Il risultato di tutte queste innovazioni tecnologiche è stato quello di aumentare la capacità delle vetture di elaborare un numero sempre più elevato di dati. Le auto moderne infatti hanno la potenza di calcolo di 20 personal computer, dispongono di circa 100 milioni di righe di codice di programmazione ed elaborano fino a 25 gigabyte di dati all’ora. È su questa complessità che si gioca la sfida più importante dell’industria automotive e della sua filiera. Infatti, riuscire a progettare software e componenti intelligenti da installare a bordo del veicolo e capaci di connettersi con l’esterno – pensiamo alla segnaletica stradale e ai sensori che trasformeranno le città in smart city – consentirà al mondo delle quattroruote di reggere la concorrenza che arriva da molte aziende del mondo hi-tech. Riuscire a mantenere un proprio business è e sarà fondamentale, se si pensa che il mercato delle connected car, secondo un elaborazione dall’Osservatorio Autopromotec su dati di Pwc, nel 2022 sfiorerà i 142 miliardi di euro a livello globale. Parliamo ovviamente di previsioni, su cui influiranno le scelte e gli orientamenti dei consumatori. Se da un lato infatti cresce la voglia di connettività da parte dei conducenti, dall’altro aumentano le preoccupazione sulla sicurezza digitale e sulla tutela della privacy. Due elementi che se non correttamente affrontati potrebbero costituire un ostacolo alla diffusione delle connected car. Ed è per questo che l’intero settore dell’automotive deve accelerare sugli investimenti in cybersecurity, anonimizzazione e protezione dei dati degli utenti.
Elettrificazione
Cresce tra gli automobilisti di tutto il mondo, seppur a ritmi ancora lenti, la voglia di elettrico. Un trend che sta spingendo molte case costruttrici a investire su ciò che per diversi analisti sarà la mobilità del domani. E così a ogni nuovo modello lanciato sul mercato e dotato di motore endotermico, si aggiunge anche una versione ibrida, ibrida plug-in e bev (battery electric vehicle). Secondo l’ultima edizione del Global electric vehicles outlook, dell’International energy agency, nel 2017 il numero di auto ibride e plug-in nel mondo ha superato i 3 milioni. Registrando un aumento del 54% rispetto al 2016. La Cina è il paese con il mercato più prospero – lo scorso anno sono state vendute 580 mila auto elettriche (più 72% rispetto al 2016) – seguito da Europa (soprattutto i paesi del nord come Norvegia, Islanda e Svezia) e Stati Uniti.
Il diffondersi di questi veicoli è andato di pari passo con il moltiplicarsi delle infrastrutture di ricarica. Sempre secondo il report, nel 2017 il numero di caricatori privati nelle case e nei luoghi di lavoro è stato stimato in quasi 3 milioni in tutto il mondo. A cui vanno aggiunti i circa 430 mila caricatori accessibili al pubblico, un quarto dei quali di tipo veloce. L’aumento della domanda di auto elettriche, registratasi nell’ultimo periodo, è connesso a due fattori: una politica, da parte dei governi, fatta di incentivi e investimenti pubblici in infrastrutture e il progresso compiuto dall’industria per aumentare le prestazioni delle batterie e ridurne i costi. Continuando in questa direzione gli analisti prevedono che entro il 2030 la mobilità elettrica potrebbe raggiungere le 125 milioni di unità. E in Italia a che punto siamo? Per ora nel nostro Paese questo tipo di alimentazione è ancora molto marginale, a vantaggio di altri tipi di carburanti alternative (metano e gpl). Lo scorso anno sono state immatricolate 1.964 vetture bev e 2.863 phev. La crescita a rilento di questo settore, anche per la mancanza di infrastrutture adeguate, rischia però di rallentare lo sviluppo di una manifattura legata al comparto del powertrain elettrico. Un ritardo che, vista la corsa verso questo tipo di mobilità, l’automotive italiano non può certo permettersi.
Il diffondersi di questi veicoli è andato di pari passo con il moltiplicarsi delle infrastrutture di ricarica. Sempre secondo il report, nel 2017 il numero di caricatori privati nelle case e nei luoghi di lavoro è stato stimato in quasi 3 milioni in tutto il mondo. A cui vanno aggiunti i circa 430 mila caricatori accessibili al pubblico, un quarto dei quali di tipo veloce. L’aumento della domanda di auto elettriche, registratasi nell’ultimo periodo, è connesso a due fattori: una politica, da parte dei governi, fatta di incentivi e investimenti pubblici in infrastrutture e il progresso compiuto dall’industria per aumentare le prestazioni delle batterie e ridurne i costi. Continuando in questa direzione gli analisti prevedono che entro il 2030 la mobilità elettrica potrebbe raggiungere le 125 milioni di unità. E in Italia a che punto siamo? Per ora nel nostro Paese questo tipo di alimentazione è ancora molto marginale, a vantaggio di altri tipi di carburanti alternative (metano e gpl). Lo scorso anno sono state immatricolate 1.964 vetture bev e 2.863 phev. La crescita a rilento di questo settore, anche per la mancanza di infrastrutture adeguate, rischia però di rallentare lo sviluppo di una manifattura legata al comparto del powertrain elettrico. Un ritardo che, vista la corsa verso questo tipo di mobilità, l’automotive italiano non può certo permettersi.
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